Titolo: Cinema di sortilegi
Editore: La Vita Felice
Cinema di sortilegi arriva dopo il magnifico Geòdi (2015) e sembra esserne naturale prosecuzione. La voce che si compone e fluisce in quest’opera prende parola Dal diluvio, così come si intitolava la prima parte della precedente raccolta. Tommaso Ottonieri raccoglie, fa proprio, il celebre monito «dopo di noi il diluvio» lanciato da Sanguineti in un intervento volto a chiarire il significato delle neoavanguardie in Italia. E Ottonieri è sicuramente il poeta che più di tutti riesce a dare forma linguistica alla condizione postrema di un soggetto immerso nella stratificazione dei segni e dei materiali, a scovare e muovere il sortilegio che si annida nel linguaggio. «Una città nasce dalla sua materia; dal profondo, sottopelle» troviamo scritto in uno dei preziosi passaggi del testo, a ribadire la relazione originaria tra corpo, terra, energie riposte (finanche alchemiche). Anche in questo lavoro si ha l’impressione che la prosa metrica sorga dentro i conglomerati e apra una via tra la sperimentazione e la lirica, quasi la scrittura sia un’incisione nella materia solida che ci appella dalle profondità di una cava per ricordarci quanto possa essere ancora viva, e ricca, la parola immersa nel magma solido di un mondo post apocalittico: «Ti scrivo dal fondo d’una teca, / dal cavo d’una conca, dal letto d’un’ampolla: / seme d’osso o di schiuma, / serrato qui nel riflesso rappreso dei secoli come insetto nell’ambra».