Titolo: Natura
Editore: Stampa 2009
Una potente densità di immagini e pensiero si impone in questo libro di Roberto Cescon, nella varia complessità di quello che introduce – nei numerosi intrecci in cui si svolge – come il «continuo disfarsi degli eventi.» Natura è un libro in cui il poeta tocca vicende e rapporti interpersonali nella loro anche problematica – a volte intima – dimensione, che indaga sul senso della poesia stessa e sull’origine del linguaggio. In questo riesce a passare con scioltezza dalla parola dei grandi autori alla sapienza dei primitivi, in un formidabile, originale excursus che ci conduce fino alle incisioni rupestri, dunque a tempi remotissimi, in una grande e suggestiva varietà di circostanze e luoghi. La pagina acquista così un fascino profondo e singolare, in cui il poeta ragiona sul crearsi delle forme nei percorsi umani, cercandone e cogliendone il passaggio dalla mente al loro realizzarsi nella concretezza di figure e parole, ben consapevole che «la vita là fuori / viene da prima delle forme», mentre, aggiunge opportunamente, «ogni vita incarna e prolunga / quelle già state, le muta e le contiene». Un itinerario dell’umano nel preistorico e storico compiersi della sua cangiante natura.
Di fronte alla potenza attuale della scienza-tecnica, l’essere umano oggi rischia di pagare il prezzo di ritrovarsi inadeguato. Ama ancora, vive dell’esperienza del passato e pensa al futuro, sente la terra e la famiglia di tutti i viventi come un dono che lo riguarda, ma intanto il tempo della vita gli viene sottratto dalla velocità dell’informazione, gli affetti si dividono dai doveri, le immagini si avvicendano furibonde negli occhi. Non è cambiato abbastanza, l’uomo, negli ultimi due secoli, negli ultimi due decenni, per sopportare tanta pressione, tanta velocità, tanto spaesamento. Con una voce ferma, con un tono di tenace sincerità, Roberto Cescon parla della Natura, ricordando che la natura dell’uomo, della terra, del cosmo e dei viventi è quel grande mistero fatto di infinite forme di una stessa materia. La lingua umana, e la lingua della poesia in particolare, chiedono sempre di radunare nella parola le plurali e metamorfiche epifanie della natura che ci guidano e ci attraversano. Abbiamo ancora quel respiro, quella voce della poesia che ci lega nel passato di chi è vissuto e nel futuro di chi vivrà? C’è ancora una parola capace di dare continuità alle generazioni? Cescon teme lo scacco, ne ha il presentimento, ma non desiste, crede nella poesia, contro ogni trionfalismo o vittimismo. Ferito, non cede, chiede ascolto alla tradizione e pesa il suo tempo sulla bilancia dei versi, sempre vivi, sempre saldi per l’equilibrio che unisce le diverse forze di gravità del suono e del pensiero.
(Il Comitato scientifico)