Nove braccia spalancate, Edizioni San Paolo
Benny Lindelauf è nato nel 1964 a Sittard, nei Paesi Bassi, ed è un autore di romanzi e opere teatrali per ragazzi. Con Nove braccia spalancate ha riscosso un grande successo di pubblico e di critica. I suoi romanzi sono stati tradotti in molte lingue.
Intervista all’autore
Ti ricordi qual è stato il primo libro che hai letto?
Mi ricordo del primissimo libro che ho ricevuto. Avevo otto anni e i miei genitori mi avevano regalato per San Nicola* due tascabili: Tom Pit e i suoi amici e Tom Pit in viaggio. Non mi ricordo più niente delle storie che vi venivano narrate, a parte che Tom aveva degli amici nel primo volume e nel secondo viaggiava! Però mi ricordo ancora bene il profondo senso di gioia che avevo provato. Adesso avevo due libri tutti miei. Proprio miei! Fiero vi avevo scritto dentro il mio nome. Poi nel corso della mia gioventù li ho persi, ma pensate un po’: due anni fa in un mercato delle pulci ho scoperto in mezzo a una pila di vecchi libri una copertina che mi ha fatto riprovare quello stesso senso di gioia. C’era Tom Pit! Insieme ai suoi amici! E ora è di nuovo nella mia libreria.
Perché e quando hai deciso di scrivere un libro per ragazzi?
Non ho deciso di diventare scrittore di libri per bambini. Esattamente come neanche un musicista decide di diventare un musicista per bambini o un pittore un pittore per bambini. Io volevo diventare scrittore. Volevo e voglio scrivere per tutti coloro che amano immergersi nelle storie. Volevo e voglio scrivere per dei lettori. Per me tutti i lettori sono importanti, quelli di cinque, di quindici e di centocinque anni. Prego, entrate nelle mie storie. Siete i benvenuti. Sono aperte… a tutti!
Ci sono degli autori o un autore in particolare che hanno influenzato il tuo lavoro di scrittore?
Potrei riempire un’intera biblioteca con i libri che sono stati e sono tutt’ora importanti per me. Non solo come scrittore, ma anche come uomo. Per quanto riguarda Nove braccia spalancate, ho avuto due importanti fonti d’ispirazione. La prima non è uno scrittore o una scrittrice, ma è mia nonna, che è stata la prima a raccontarmi storie nelle quali potevo abitare (nel libro mi sono ispirato a lei per il personaggio di Fing). La seconda invece è Louisa May Alcott e il suo romanzo Piccole donne. Si tratta, anche in questo caso, di una storia di sorelle che condividono gioie e dolori durante tempi difficili, ma si svolge in America ai tempi della guerra civile, circa ottant’anni prima di quando ha luogo la storia di Fing, Muulke e Jes. Una delle sorelle muore (no, non vi dico quale) e, anche se credo di aver letto questo romanzo almeno una decina di volte, mi si spezza il cuore ogni volta.
Raccontaci in breve una giornata tipo di quando scrivi.
La mia giornata di scrittore? I lettori a volte si fanno un sacco di idee curiose al riguardo: pensano che debba essere in vena per scrivere o che stia ad aspettare l’ispirazione (“ehi ispirazione, dove sei?”). Ma non è così. Di solito mi siedo, apro il mio computer portatile e poi inizio. A volte sto seduto un’ora a fissare uno schermo vuoto, allora non arriva niente. In altri momenti devo correre dietro i tasti della mia tastiera da tanto vado veloce. Non posso mai saperlo in anticipo. Ma qui c’è un trucchetto che ho imparato col tempo: faccio un patto con me stesso su quanto tempo devo restare seduto alla scrivania, può essere un’ora e mezza o due ore. In questo tempo non posso alzarmi e non posso fare nemmeno altre cose. Quando finisce il tempo, mi congratulo con me stesso per la sessione di lavoro conclusa. Dico: “Ben fatto! Brillante! Sei un genio!” Anche se non sono riuscito a buttare giù neanche una riga, perchè il mio scopo era quello di restare seduto a occuparmi della storia. Sia che alla fine abbia prodotto tre pagine o soltanto una riga, ho raggiunto quel che volevo. E questo mi ripaga.
Cosa ti piacerebbe che pensassero i lettori una volta terminato il tuo libro?
Come dovete sentirvi dopo aver letto il mio libro? Che strana domanda. Cosa c’entro io? Sentitevi come volete: felici, arrabbiati, entusiasti, tristi, soddisfatti o delusi. Siete voi i lettori. Ognuno di voi è il capo del proprio universo e a me (o meglio, al mio libro) è stato soltanto concesso per un po’ di tempo di girarvi intorno come un pianeta sconosciuto. Vi ringrazio per questo! Grazie per avermi ospitato nelle vostre teste!
Che cosa consiglieresti a un tuo lettore che volesse scrivere un libro?
Gli direi che deve prendersi tempo e non avere fretta, perché scrivere vuol dire per buona parte cercare, non sapere, provare e riprovare ancora. Può accadere che mettendo insieme tutti questi momenti ne venga fuori un libro.
* In molti paesi nordici il 6 dicembre si festeggia il giorno di San Nicola, che – un po’ come la nostra befana – porta ai bambini piccoli doni e dolciumi.