Il grido del lupo, Equilibri Editrice
Melvin Burgess è nato nel Sussex, in Inghilterra, nel 1954. Oggi vive a Manchester, ma è spesso in giro per il mondo per incontrare i suoi lettori. Ha vinto la Carnegie Medal nel 1997, con il romanzo Junk, premio a cui già era stato candidato nel 1990 con Il grido del lupo, il suo primo romanzo. Nel 2001 è autore della trasposizione letteraria del film Billy Elliot. Nel 2013 il romanzo Kill All Enemies lo consacra come uno dei migliori autori contemporanei per adolescenti. È candidato Ibby per la Gran Bretagna al prestigioso Hans Christian Andersen Award 2018.
Intervista all’autore
Ti ricordi qual è stato il primo libro che hai letto?
Il primo libro che ho letto è stato Il vento nei salici, di Kenneth Grahame. Mi sono immerso in questa storia in tre modi. Prima me l’hanno letta i miei genitori, poi l’ho letta io da solo, quindi l’ho portata a scuola perché l’insegnante la leggesse a tutta la classe. Ero così orgoglioso! Ho amato talmente tanto questo libro che i miei genitori hanno chiesto all’insegnante d’arte della scuola in cui mio padre lavorava di dipingere per me un ritratto del dio Pan, così come appare nel libro. Il capitolo di Pan, The Piper at the Gates of Dawn, era ed è rimasto il mio preferito.
Perché e quando hai deciso di scrivere un libro per ragazzi?
È accaduto quasi per caso. Mi stavo cimentando in vari tipi di scrittura e quella per ragazzi è stata la modalità che ha funzionato meglio per me. Continuo a scrivere per bambini e ragazzi perché i libri per questa età sono più divertenti da scrivere, specialmente quelli per adolescenti. Le persone sanno solitamente cosa aspettarsi quando invecchiano e si arrabbiano se le cose vanno diversamente. I bambini e i ragazzi, invece, sono sempre felici di andare in qualsiasi luogo tu voglia portarli con l’immaginazione, a patto che sia qualcosa d’interessante. Inoltre, sono critici molto severi. Non appena il libro diventa noioso, lo abbandonano. Gli adulti invece sono pronti a sopportare qualsiasi cosa se questo li fa sentire intelligenti.
Ci sono degli autori o un autore in particolare che hanno influenzato il tuo lavoro di scrittore?
Kenneth Grahame, che mi ha mostrato come l’immaginazione possa portare oltre la vita reale, e lo scrittore inglese George Orwell, che mi ha insegnato quanto sia importante l’onestà nella scrittura.
Raccontaci in breve una giornata tipo di quando scrivi.
Per prima cosa, mentre sono ancora a letto, prendo una bevanda calda e leggo o parlo un po’ con mia moglie. Poi ci alziamo per fare colazione. Dopo faccio una passeggiata con i miei cani o mi siedo davanti alla TV per fare un po’ di stretching. Quindi prendo un’enorme tazza di tè verde e vado in giardino, nel mio ufficio, per iniziare a lavorare. Abitualmente scrivo a raffica durante la mattinata. Se sono alle prime fasi di un libro, solitamente sono esausto già all’ora di pranzo – scrivere è un’attività sorprendentemente stancante. Il pomeriggio lo passo allora camminando, facendo giardinaggio, cucinando, leggendo, rilassandomi. Se invece sto limando o rivedendo il testo, passo più tempo a scrivere, perché il lavoro non è così estenuante. Di sera guardo un film alla TV, oppure leggo un po’, o esco per un drink. Adoro cucinare, quindi abbiamo spesso ospiti a cena.
È una bella vita essere uno scrittore!
Cosa ti piacerebbe che pensassero i lettori una volta terminato il tuo libro?
Assolutamente furiosi per il fatto che animali straordinari come i lupi siano stati cacciati fin quasi all’estinzione a causa dell’avidità umana e dell’egoismo.
Che cosa consiglieresti a un tuo lettore che volesse scrivere un libro?
Il mio consiglio sarebbe: non smettere mai di provarci! Ho conosciuto tantissime persone che desideravano diventare scrittori, e la verità è che sono coloro che ci tengono veramente che raggiungono il loro obiettivo. Ho conosciuto persone di grande talento che non sono riuscite a superare gli inevitabili rifiuti e si sono semplicemente arrese. Scrivere è difficile, molto difficile, ma è difficile perché abbiamo bisogno di esercitarci duramente, non perché dobbiamo essere dotati di una mente straordinaria. Quelli che ci tengono veramente, di solito ce la fanno.