Il viaggio di Lea, Einaudi Ragazzi
Guia Risari vive a Torino. È laureata in Filosofia morale, si è specializzata in studi ebraici moderni in Inghilterra e in Letteratura comparata in Francia, dove ha vissuto per qualche tempo collaborando con le migliori università francesi. Pubblica testi surrealisti, testi teatrali, libri per bambini, saggi, poesie e narrativa. Tiene laboratori, conferenze e corsi di scrittura e lettura.
Intervista all’autrice
Ti ricordi qual è stato il primo libro che hai letto?
Mi ricordo soprattutto i primi libri che ho ascoltato. Anche quello è un modo di leggere – ascoltare – forse il più importante. Da sola ho poi letto le fiabe che avevo imparato a memoria a furia di sentirle. Le strazianti fiabe di Andersen, le spaventose fiabe russe e un’antologia di storie intitolata Cammina cammina… Poi i Barbapapà e Cipì di Lodi e i libri di Rodari, Le storie rosse del gatto di casa di Marcel Aymé – poetico e divertente – e Le vacanze del Piccolo Nicolas di Goscinny – irresistibile. E non ho mai dimenticato Nuove storie dell’anno Mille di Malerba che mi ha trasportata in un mondo altro: buffo e strano. Questo è quel che ho sempre amato nei libri fin dall’inizio: che fossero viaggi.
Perché e quando hai deciso di scrivere un libro per ragazzi?
Non ho deciso di scrivere un libro per ragazzi. Ho sempre scritto – per adulti, per bambini, per lettori vicini e lontani che erano – sono – parti di me e del mondo che ho incontrato. Non mi sento un’adulta che scrive per ragazzi, ma una persona dall’età mutevole che si rivolge a persone dall’età mutevole. Per me poche cose sono definite, tutto si sposta, cambia ed è questo mutamento che mi piace raccontare.
Il viaggio di Lea è uno dei possibili modi per seguire il flusso della vita. Che appartiene ai ragazzi e a tutti quelli che si sentono vivi e vivaci, alla ricerca di qualcosa.
Ci sono degli autori o un autore in particolare che hanno influenzato il tuo lavoro di scrittore?
Come scrittrice sono stata influenzata da tanti autori. Il già citato Rodari per la sua libertà. Arpino per il coraggio di denunciare l’ingiustizia. Dostoevskij per la forza e il senso morale dei suoi romanzi. Anna Maria Ortese per la profonda compassione delle sue osservazioni e Katherine Mansfield per lo sguardo attento ai dettagli. Ogni scrittore mi ha regalato qualcosa, ma anche ogni persona, animale, paesaggio incontrati.
Raccontaci in breve una giornata tipo di quando scrivi.
Mi alzo sempre a fatica e il caffè è il mio alleato. Annoto i miei sogni in un quaderno e ascolto la radio. Dopo una passeggiata, mi metto al lavoro inseguendo a colpi di matita o di tastiera la storia che si svolge letteralmente sotto i miei occhi. Lei scorre come un film e io la descrivo al meglio. Poi faccio riposare e rileggo, limo, correggo, cambio, rimetto a posto. Infine gioco col gatto, parlo col mio amato, e cerco di condurre una vita normale, senza che la storia torni a perseguitarmi nel bel mezzo della notte. Quando non sto scrivendo, faccio di tutto. Leggo fumetti o romanzi, gioco a volano nel parco, cucino le vongole, vedo gli amici, viaggio, attacco la carrozza, cammino in montagna. E concepisco laboratori e incontri per condividere con adulti, ragazzi e bambini la mia passione per i libri e la scrittura, che non è un dono speciale, ma una possibilità per tutti.
Cosa ti piacerebbe che pensassero i lettori una volta terminato il tuo libro?
Sarei felice di sapere che per i lettori Il viaggio di Lea è stato l’inizio di un viaggio personale e libero. E che la strada per compierlo è proprio davanti a loro. Per me un libro è un’esperienza di autonomia, un momento di riflessione aperta, senza conclusioni prestabilite. L’ultima pagina di Il viaggio di Lea è l’inizio della storia dei lettori. Dove vorrebbero andare? Con chi? Perché?
Che cosa consiglieresti a un tuo lettore che volesse scrivere un libro?
A chi vuole scrivere un libro consiglio di munirsi di matita e quadernetto e darsi da fare. Buttare giù delle idee, una frase, l’inizio di una storia, una poesia, un disegno. Poi leggere, raccontare e ascoltare. Andare in giro con occhi e orecchie ben aperti. E infine tornare al proprio quadernetto con le idee più chiare e tante impressioni. Scrivere e poi dimenticare quel che si è scritto in modo da tornare a mente fresca a rileggersi come se non ci si conoscesse. È una lettura divertente, commovente, coinvolgente, misteriosa, speciale? Allora si è sulla buona strada.