L’ira di Dio

immagine per L’ira di Dio Autore: Costanza DiQuattro 
Titolo: L’ira di Dio
Editore: Baldini + Castoldi

Proposto da Roberto Barbolini

«Una forza tellurica, possente, serpeggia tra le pagine di questo intenso libro di Costanza DiQuattro, che fin dal titolo L’ira di Dio, col suo richiamo alla collera celeste, evoca la catastrofe verso la quale la trama inesorabilmente precipita: il terribile terremoto che colpì Ibla e il Val di Noto l’11 gennaio del 1693. Consideriamo la città in cui la storia è ambientata: come la Casa degli Usher di Poe, fin dalle prime righe essa si rivela una sorta di espansione psichica dei suoi abitanti: «Ibla, sciupata e stanca, di notte ricordava il lamento flebile di una prefica piangente che all’alba si trasformava nel vociare di una donnaccia spudorata». Già al centro di romanzi precedenti come Arrocco siciliano e Giuditta e il Monsù, Ibla è parola magica nella geografia interiore dell’autrice.

Non importa affatto che coincida con un toponimo realmente esistente, perché è il luogo dove abita lo spirito di Costanza DiQuattro, la città che vive dentro di lei. E il realissimo evento storico del sisma disastroso che la distrusse, attorno al quale la ricca trama ruota come una trottola attorno al suo perno, segna anche il picco climaterico di una prodigiosa rinascita umana e sociale, ancor prima che urbanistica, che fa il paio con quella psichica del protagonista padre Bernardo: un aristocratico fattosi frate senza vocazione, diviso fra il senso del dovere e la brama amorosa. Nel disastro Bernardo ha perso la dolce Tresina, la perpetua con cui non senza rimorsi “viveva nel peccato”, e il loro figlioletto poco più che neonato. Ma proprio al fondo della catastrofe troverà la forza per reagire, così come dalle rovine nascerà la meraviglia tardobarocca del Val di Noto. Fervida di passione per il mondo atavico che descrive, ma ben calibrata nel dosarne la rappresentazione, DiQuattro ci consegna una prova di alta maturità stilistica, grazie a una scrittura che padroneggia perfettamente registri alti e sapide incursioni dialettali, capace di dar voce a figure memorabili mentre disegna con rigore appassionato il quadro storico e umano entro cui queste si muovono.»


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