Durante la finale del Premio Strega Giovane, Camilla Pedraglio, Responsabile servizio External Relationships di BPER Banca, ha annunciato il Premio Strega Giovani per la migliore recensione assegnato a Federica Pitone del Liceo Scientifico Statale Zaleuco di Locri (RC), che ha ricevuto una borsa di studio offerta dalla Banca.
Ecco il testo della sua recensione a Cose che non si raccontano di Antonella Lattanzi (Einaudi):
“Perché piangi leggendo questo libro, cos’ha di così speciale?”
Cercherò di spiegartelo. Non si tratta di uno dei tanti libri che attendono di essere letti, che ti stufa dopo poco, che non ti arriva al cuore, con un colpo secco o che a malapena ti sfiora. La storia che la narratrice racconta, la sua, è ben altro, è così forte da fuoriuscire dalle pagine, da appigliarsi alla tua sensibilità, frantumandola, senza neppure chiedere il permesso. Ad ogni capitolo il suo dolore si fa sempre più vicino, talvolta soffice, talvolta brutale. Ho immaginato di viverlo sulla mia stessa pelle, di avere anche io lo stesso destino, di non saperci convivere; è questo il potere del libro: ti contagia con la sua sofferenza, portandola dentro di te, lasciandoti il compito di accoglierla. La narratrice ti consente di visitare i suoi sensi di colpa, di rivederti in essi, di comprendere il suo sentirsi parte di ciò che le ha portato via il sogno, naturale, di essere madre, la convinzione di meritare tutto ciò che le sta accadendo. Ciò che hai di fronte non è più un semplice libro, è una donna e ciò che le è stato tolto. Una donna che ha perso i suoi figli, che soffre per non averli protetti, per aver dato precedenza alla carriera; si sforza di non pensare a quali sarebbero stati i loro nomi, alla loro età attuale, alle accortezze che la gravidanza richiedeva, alla sua paura di non essere una brava mamma, ai doveri più difficili, quelli a cui non pensa perché significherebbe accettare la realtà. Quelle bambine non ci sono più. Le sue parole, la speranza che ha saputo essere spietata, la sincerità che si impone di mantenere nella scrittura, ti fanno credere di essere al suo fianco, come se la stessi ascoltando, mentre apre quelle porte chiuse da tempo. Così, ad un certo punto, ti ritieni capace di arrivare, tramite la lettura, direttamente a lei, di poterle asciugare una lacrima, come fossi un’amica. Ha attorno solo silenzio, prova rabbia, vorrebbe parlarne, mentre, a farle compagnia in quel dolore, è soltanto il sangue che esce dal suo corpo, imperterrito, e il tentativo di misurarne la quantità. E così, quando per paura di non essere capita, preferisce chiudersi in sé stessa, quello che ne rimane è la solitudine.
So bene cosa significhi avere mille cose da dire, lì sulla punta della lingua, contente di poter essere accolte, per poi essere soffocate. Farebbe troppo male ricevere silenzio.
Ora, dimmi, hai capito perché?