Racconti scritti da donne nude

immagine per Racconti scritti da donne nude Autore: Stefano Rapone 
Titolo: Racconti scritti da donne nude
Editore: Rizzoli Lizard

Proposto da Beppe Cottafavi

«L’Italia è un paese che ha prodotto molta comicità (a teatro, al cinema, in televisione, nelle vignette sui giornali) ma in cui chi scrive per fare letteratura crede quasi sempre di dovere enunciare concetti alti, alati e profondi, prendendosi molto sul serio. Insomma, amiamo scherzare, ma ci vergogniamo di ridere. Soprattutto scrivendo e leggendo. Ne è una prova satirica l’incipit di autocandidatura di Racconti scritti da donne nude, per Rizzoli Lizard di Stefano Rapone.

“Richiesta Premio Strega

Spettabile gruppo degli Amici della Domenica, mi chiamo Stefano Rapone e sono un giovane e promettente scrittore. Vi scrivo, per l’appunto, per informarvi del fatto che sto ultimando un testo che sicuramente rientrerà nelle vostre corde e sarà da voi giudicato idoneo a ottenere la vittoria del vostro premio più prestigioso, il famigerato Premio Strega”.

A seguire Rapone tormenterà anche i giurati dei premi Campiello e Bancarella nella sua idea irriverente di ambire per scherzo all’empireo della letterarietà. Allora perché no? Perché non esaudire il suo desiderio? Rapone fa sulla pagina quello che gli riesce bene sul palco. Parte da un discorso serio e rilassato poi lo squarcia e lo strania con una frase o un’immagine. Un esempio esilarante: scrive un racconto in cui la Madonna sbaglia i luoghi, i tempi e i destinatari delle sue apparizioni.

È un libro molto divertente che segnalo alla vostra attenzione e non solo come gesto situazionista e metaletterario. Perché è letteratura. Che fa molto ridere. Peraltro lo Strega esordisce nel 1947 con il Premio a Flaiano che ci avvertiva “La satira in Italia non è molto coltivata, per motivi che forse possono trovarsi nell’Estetica di Croce, la quale considera la Satira come la Cenerentola della letteratura. Qui regna il culto dell’arte e della poesia in senso assoluto. Ognuno, scrivendo, ha per modelli la Divina Commedia, I Promessi Sposi, I Malavoglia […], e nessuno si guarda attorno per capire i lati assurdi, non diciamo ridicoli ma comunque sfrenati della vita che ci circonda. Farlo è mettersi in una posizione di isolamento”.

(Ennio Flaiano, “Opere. Scritti postumi”, a cura di Maria Corti e Anna Longoni, Milano, Bompiani 1996, p. 1222.)

La solitudine del satiro, appunto.»


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