Bestie in fuga

immagine per Bestie in fuga Autore: Daniele Kong 
Titolo: Bestie in fuga
Editore: Coconino Press

Proposto da Simonetta Sciandivasci

«Bestie in fuga è il primo romanzo di Daniele Kong, che scrive sempre, soprattutto quando disegna. Lo propongo al Premio Strega per questo suo talento così difficile da spiegare ma lampante dalla prima pagina del suo romanzo a fumetti, o graphic novel, se preferite.

Esistono parole, frasi che sono state svuotate di senso, sono diventate retoriche e nessuno le usa più, se non con mille premesse: Kong le usa tutte, nel loro senso assoluto e senza “forse” o “tuttavia” o “ma anche”, perché ha il coraggio dell’ingenuità, che è uno dei temi di questa sua storia, e riesce a farlo affidando ai disegni la carica, la tempra, l’assoluto. I disegni sono perentori quando le parole sono lasche, il tratto mette il punto quando le parole sfumano. Questa sinergia fa sì che l’energia letteraria di Bestie in Fuga sia un’energia morale.

Sono gli anni ’50, il boom economico lascia indietro chi non vive per progredire e così i poveri diventano miserabili, la ricchezza diventa la sola libertà possibile, l’emancipazione diventa un obbligo e una servitù. Siamo a Dieci, sperduta isola del Tirreno dove un villaggio di pescatori degrada nell’oblio finché non arriva una troupe cinematografica per girare un film su Gesù e tutto cambia, perché tutto peggiora. È l’inizio di quel colonialismo interno che ha snaturato il nostro Paese con l’illusione del progresso e con cui non abbiamo ancora fatto i conti. Le bestie in fuga sono i pesci di Dieci e i suoi abitanti: scappano da chi ha bisogno che loro restino poveri cristi da documentario e da attrazione turistica; scappano da chi non accetta che, per loro, vivere non è migliorare ma stare bene, poter restare, poter stare. Ci chiediamo come mai nelle società del benessere si soffra così tanto, e questo è un romanzo che risponde, e nel rispondere racconta una storia seppellita, che è di tutti, è nelle nostre famiglie, nel DNA di questo Paese che è un collage di soprusi e di dialetti, che in questa storia sono centrali, e sono tre, anzi quattro: c’è anche l’italiano.»


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