22 Febbraio 2019

proposto da Roberto Barbolini

Verso Sant’Elena

Roberto Pazzi
Verso Sant’Elena
Bompiani

Proposto da
Roberto Barbolini

«Richiamandosi idealmente al suo folgorante esordio narrativo con Cercando l’imperatore, epica rievocazione degli ultimi giorni dello zar Nicola II, Pazzi focalizza qui il suo sguardo affabulante su un altro imperatore nel momento del declino: Napoleone prigioniero degli inglesi sulla nave in rotta per Sant’Elena. E lo fa in maniera magistrale, mescolando romanzo storico e diario intimo, memento mori e fantasmagoria narrativa, con grande lucidità intellettuale e visionaria capacità di rivisitare momenti e figure della Storia. Nel tedio e nei malanni del viaggio, Napoleone rivive memorie e fantasmi della sua vita inimitabile: da Maria Luisa d’Austria a Metternich, da Talleyrand a maman Letizia Ramolino, da Paolina Borghese a papa Pio VII, una ridda di illustri ectoplasmi bussa alla porta della sua cabina. Sono figure nate dal ricordo, che come personaggi sfuggiti al loro autore via via prendono corpo e si trasformano in interlocutori in carne e ossa, rubandosi a vicenda il testimone in un’appassionata staffetta narrativa. “Non era finita, lui non credeva a quell’epilogo della sua storia, dopo Waterloo. Qualcosa di inaspettato sarebbe sopraggiunto”: nel condottiero sconfitto non si è spenta la sete di romanzesco che, giovanissimo, l’aveva spinto a tentare la strada delle lettere con il romanzo Clisson et Eugénie. E qui Pazzi ha l’intuizione davvero felice di resuscitare da quelle pagine giovanili il personaggio di Eugénie, come a dirci che la verità della letteratura sopravanza i clangori della Storia, dandocene la chiave di lettura più autentica e profonda. Eugénie che scrive sul quaderno di bordo è insieme l’appassionata deuteragonista di Napoleone scrittore mancato, e la controfigura narrativa dell’autore di Verso Sant’Elena. Nella Nuova enciclopedia Alberto Savinio osserva che “Napoleone diventò quello che tutti sanno, ma non riuscì a diventare quello che nel suo intimo desiderava: un letterato». Roberto Pazzi trasforma questo spunto in una profusa celebrazione di quell’indispensabile effetto-Shahrazād che fa della necessità di scrivere una questione di vita o di morte. Se neppure Napoleone riuscì a padroneggiare la Storia – è la sua riuscita scommessa – un vero scrittore può invece reinventarsi continuamente il destino padroneggiando una storia.»

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