Proposto da
Pietrangelo Buttafuoco
«Rigogliosa ed esuberante galleria di specchi in cui il romanzo di IO scritto in prima persona ha la stessa cifra anagrafica dell’ES. Grand Hotel Scalfari oltrepassa i recinti delle maniere (risulta di fatto essere più ricco di personaggi e storie di tante narrazioni della novella vaghezza dei nostri anni) e della cosiddetta “lingua” come nessun cosiddetto scrittore ombelicale in Italia saprebbero fare oggi, offrendosi come capolavoro di vera letteratura.
Frutto della capacità di ascolto e dell’arte del racconto di due esempi diversissimi eppure installati nella più pura tradizione del giornalismo del nostro paese, Antonio Gnoli e Francesco Merlo, è più di un pretesto per il racconto di un mondo perduto che ha le parvenze della nostra recente vicenda nazionale, una cronaca in prima persona esuberante e malinconica, mediata da uno sguardo complice e da una sontuosa messa in scena del privato, è allo stesso tempo un libro che rappresenta Scalfari più di quanto il suo protagonista sarebbe riuscito a fare. Forte di una vera scrittura il personaggio ES ha finalmente trovato il suo autore, anzi, ben due: Merlo e Gnoli.
Se di genere qui si tratta forse si applica come richiamo il romanzo di cavalleria, al modo di un Don Chisciotte e di un Sancho Panza: senza cautele e senza censure, gli autori svelano a se stesso il loro stesso creatore facendone infatti un personaggio totale, un don Eugenio de Cervantes ovviamente irriconoscibile agli occhi degli stessi scalfariani, che mai e poi mai saprebbero pensarlo libertino tra le delizie di un bordello o tra Casinò fin de siecle, in camicia nera, a braccetto con Indro Montanelli o alle prese con il suo ormone femminile.»