Proposto da
Maria Rosa Cutrufelli
«Il romanzo di Marilù Oliva – Biancaneve nel Novecento, Solferino libri – mescola il presente al passato per raccontarci come il dolore e la sofferenza non si lascino dimenticare. Come affiorino nei modi più inaspettati e nei luoghi più diversi per plasmare la nostra vita.
Una bambina e un’anziana signora sono le due voci narranti che si contrappongono e s’intersecano per tutto il libro, come in un confronto a distanza. La bambina, Bianca, parla della sua piccola vita e degli incomprensibili conflitti che scuotono la sua famiglia e le procurano ferite difficili da sanare. La bambina cresce ma le ferite non guariscono e anzi fuori, nel mondo, diventano ogni giorno più fonde. Non c’è felicità nella sua famiglia, come non c’è giustizia nel mondo.
Bianca vive a Bologna, una città descritta nelle sue pieghe più nascoste, in tutta la sua moderna complessità.
L’altra, Lili, l’anziana signora, vive a Roma, ma il suo dramma si è consumato altrove. Adesso abita lì, in una grande casa, e tuttavia, mentre guarda la città dalla terrazza, la sua mente va ad altri luoghi e altri tempi. I suoi ricordi sono precisi, dettagliati: indelebili. Sono il racconto della più grande tragedia del “secolo breve”: i campi di sterminio nazisti. La sua voce dolente ci porta nel campo di Buchenwald, nel bordello dove vengono rinchiuse le giovani deportate. Lili racconta ciò che accadeva là dentro e lo fa dalla sua prospettiva di sopravvissuta. Di vittima che non riesce più a uscire dalla prigione del suo dolore. La sua sofferenza è simile a una malattia contagiosa, che colpisce chi le sta più vicino.
I due racconti si alternano fin quasi alla fine, fino al momento in cui i ricordi di Lili e la vita di Bianca trovano il punto di sutura. E allora le voci si placano e, in un certo senso, si fondono in un nuovo equilibrio.
Un romanzo tenero e feroce, che entra nella Storia per farci capire come il male generi altro male, inevitabilmente. Come il nostro “passato” non passi mai, se non lo mettiamo a fuoco, con tutti i suoi errori e orrori. E, soprattutto, se non esercitiamo la nostra capacità di empatia e di compassione, cercando di sanare le ferite degli altri, che sono anche le nostre.
È per questo sguardo attento e compassionevole, assecondato da una scrittura vivida, ben calibrata, che desidero presentare il romanzo di Marilù Oliva (con il suo consenso) all’edizione 2021 del Premio Strega.»