Giuseppe Pontiggia nasce a Como nel 1934. Trascorre l’infanzia ad Erba e, dopo brevi soggiorni della famiglia a Santa Margherita Ligure e Varese, si trasferisce definitivamente a Milano nel 1948. Qui frequenta il liceo classico, per poi impiegarsi in banca.
Questa esperienza lavorativa lo segna profondamente, al punto che, quando decide di dedicarsi alla letteratura, esordisce col romanzo autobiografico La morte in banca, terminato nel 1953 e pubblicato sei anni dopo, in seguito al suggerimento di Vittorini, nella collana «Quaderni» del «Verri», rivista alla cui fondazione prende parte col futuro direttore Luciano Anceschi. Nello stesso anno si laurea in Letteratura Italiana all’Università Cattolica milanese con una tesi sulla tecnica narrativa di Italo Svevo. Nel 1961 lascia definitivamente il lavoro in banca e si dedica all’insegnamento serale. Continua intanto la sua attività di scrittore pubblicando L’arte della fuga (1968), Il giocatore invisibile (1978), Il raggio d’ombra (1983). Giungono quindi alcuni prestigiosi riconoscimenti: lo Strega per La grande sera (1989), il Super Flaiano per Vita di uomini non illustri (1991) e il Campiello per Nati due volte (2001). Svolge anche attività saggistica e critica (testimoniate dalla raccolta Il giardino delle Esperidi, 1984), dirige con Marco Forti l’«Almanacco dello specchio» e collabora al «Corriere della Sera» e al supplemento domenicale de «Il Sole- 24 Ore». Da ricordare anche alcune traduzioni di classici (Ausonio, Macrobio, Bonvesin de la Riva…).
Muore a Milano nel 2003.