Tommaso Landolfi nasce a Pico (allora in provincia di Caserta) nel 1908. Rimasto ben presto orfano della madre, trascorre l’infanzia e l’adolescenza prevalentemente nel paese natale e a Roma. Dopo aver frequentato molte scuole in giro per l’Italia, e aver ottenuto la licenza liceale, si iscrive alla facoltà di Lettere, prima a Roma e poi a Firenze. In quest’ultima città, dove si laurea nel 1932 in Lingua e letteratura russa, con una tesi sulla poetessa Anna Achmatova, rimarrà una ventina d’anni con alterne vicende. Il periodo universitario è quello nel quale Landolfi affina la sua formazione culturale e acquista la sua passione per il gioco. Una dipendenza il cui riverbero si scopre in tante pagine della sua opera e che lo accompagnerà fino alla morte.
Il soggiorno fiorentino lo avvicina agli intellettuali riuniti nel caffè delle Giubbe Rosse e all’ambiente ermetico, anche se rimarrà sempre estraneo a questo, come a qualsiasi altro, movimento letterario. Insieme agli amici Montale, Bo, Gatto, Delfini, Gadda, Bonsanti, Pratolini, Bigongiari, Luzi, Macrì e tanti altri, diventa ben presto un protagonista della vita culturale cittadina. Le sue frequentazioni gli danno la possibilità di collaborare alle più importanti riviste, fiorentine e romane, sulle quali pubblica racconti, testi critici, recensioni, traduzioni: da «Campo di Marte» a «Letteratura», da «Vigilie Letterarie» a «Nuovo Corriere», da «L’Europa Orientale» a «Occidente», da «L’Italia letteraria» a «Caratteri», da «Quadrivio» a «Oggi» , per citarne solo alcune.
Nonostante le collaborazioni durate molti anni, il suo significativo esordio letterario risale al 1937, con i racconti della raccolta Dialogo dei massimi sistemi, seguito, nel 1939, dal romanzo La pietra lunare e dai racconti Il Mar delle Blatte.
Grazie al sodalizio con Renato Poggioli e Leone Traverso, inizia negli anni ’40 un’intensa attività di traduzione che lo vedrà impegnarsi prima con gli autori russi (Dostoevskij, Puškin, Gogol’, Lermontov, Tolstoj, Tjutčev, Leskov), poi con quelli tedeschi (Novalis, fratelli Grimm, Hoffmannsthal) e francesi (Mérimée, Nodier). Nonostante la sua profonda conoscenza delle letterature straniere, sporadici risultano, in tutta la sua vita, i viaggi in poche capitali europee. Più frequenti, invece, quelli nelle più varie località della Penisola.
Ai suoi libri d’esordio fanno seguito La spada (1942), Il principe infelice (1943), Le due zittelle (1946), Racconto d’autunno (1947), Cancroregina (1950), Ombre (1954), La raganella d’oro (1954), Ottavio di Saint-Vincent (1958), Mezzacoda (1958), Se non la realtà (1960), Racconti (1961), In società (1962).
Nel 1955 sposa una donna molto più giovane dalla quale ha due figli, Maria e Landolfo. Con la nuova famiglia, dopo qualche anno, si trasferisce sulla Riviera ligure, prevalentemente a Sanremo, alternando i soggiorni in questa Regione con quelli a Roma e nel paese avito. Già con LA BIERE DU PECHEUR (1953) e poi con i successivi Rien va (1963) e Des mois (1967) si avvicina alla diaristica, per ritornare al racconto con Tre racconti (1964), Un amore del nostro tempo (1965), Racconti impossibili (1966), Gogol a Roma (1971), Le labrene (1974) e A caso (1975). Altri pezzi usciranno in volumi di autori vari e in diverse antologie.
Per il teatro scrive la tragedia in versi Landolfo VI di Benevento (1959) e il dramma Faust ‘67 (1969). Si cimenta anche con una sceneggiatura televisiva, Scene dalla vita di Cagliostro (1963).
Nella sua vasta produzione vanno annoverate le poesie, raccolte in Breve canzoniere (1971), Viola di morte (1972) e Il tradimento (1977) e gli elzeviri, riuniti in Un paniere di chiocciole (1968) e in Del meno (1978). Questa feconda attività letteraria, che lo porta a vincere tutti i più importanti premi letterari italiani (Viareggio, Bagutta, Campiello, Strega, tra i tanti), si accompagna, dagli anni Cinquanta, all’assidua collaborazione con «Il Mondo» di Pannunzio e, nei due decenni successivi,  a quella con il «Corriere della Sera», di cui è testimonianza la raccolta di racconti Il gioco della torre, pubblicata postuma nel 1987.
Dopo una lunga malattia, muore in ospedale a Ronciglione (Viterbo) nel 1979.
Tre anni dopo esce Le più belle pagine di Tommaso Landolfi, scelte da Italo Calvino, e inizia la ristampa delle sue opere.