Massimo Bontempelli nasce a Como nel 1878. Trascorre l’infanzia risiedendo in molte città del Nord Italia a causa della professione del padre, ingegnere delle Ferrovie. Inizia gli studi al ginnasio di Chiavari per terminarli ad Alessandria, dopo un periodo al «Parini» di Milano. Si laurea in Lettere e in Filosofia nell’ateneo torinese nel 1902, dove segue con interesse i corsi di Arturo Graf. Dopo altri spostamenti, questa volta dettati dai suoi primi incarichi d’insegnamento, tenta senza esito il concorso per il passaggio di ruolo.
Nel 1910 abbandona la professione e si stabilisce a Firenze, dove lavora per la casa editrice Sansoni e collabora a «Il Marzocco», «Cronache letterarie», «Nuova Antologia» e al quotidiano «La Nazione». Questi anni coincidono con le prime pubblicazioni, sia poetiche (Egloghe, 1904; Verseggiando. Intermezzo di rime, 1905; Odi siciliane, 1906; Settenari e sonetti, 1910) sia in prosa (Socrate moderno, 1908; Amori, 1910; Sette savi, 1912) sia teatrali (Costanza, 1905; La piccola, 1916). Ottenuta una collaborazione col «Secolo», si trasferisce a Milano nel 1915. Qui lavora soprattutto per il teatro, rappresentando Santa Teresa (1916) e scrivendo Guardia alla luna (1916, ma pubblicato solo nel 1920), Siepe a nordovest (1919) ed Eva ultima (pubblicato come romanzo nel 1923). Convinto interventista, nel 1917 si arruola volontario come ufficiale d’artiglieria e si prodiga anche per la redazione del giornale di trincea «Il Montello». Terminata la guerra, rientra a Milano e si avvicina al movimento futurista. Tra il 1918 e il 1928 scrive sulle più importanti riviste di cultura, da «Comoedia» a «Il Primato», da «Tempo» a «Il Mondo », e torna alla poesia col dittico Il purosangue – L’ubriaco (1919). Nel 1924 s’iscrive al Partito Fascista e rinnega la produzione giovanile, dando inizio a un nuovo corso coi romanzi brevi La vita intensa e La vita operosa, pubblicati rispettivamente nel 1920 e nel 1921. Una lunga trasferta romana gli consente di entrare in contatto con Pirandello e il Teatro degli Undici e la sua attività drammaturgica riceve ulteriore impulso. Vedono la luce la commedia Nostra dea (1925) e il dramma Minnie la candida (1929). Ma vanno citati anche i reportages di Viaggi e memorie (1922), i racconti de La scacchiera davanti allo specchio (1922) e La donna del Nadir (1924). Insieme a Curzio Malaparte e Corrado Alvaro pubblica nel novembre 1926 il primo fascicolo di «900. Cahiers d’Italie et d’Europe». Dopo la repentina defezione di Malaparte, Bontempelli guida da solo la rivista sino al 1929, quando le pubblicazioni cessano. Nel frattempo, è nominato segretario del Sindacato Fascista Autori ed Editori (1928), direttore de «L’Italia letteraria» (1929) e accademico d’Italia (1930). A questa fase appartengono le opere della maturità, fra le quali si ricordano Il figlio di due madri (1930), Gente nel tempo (1937), La donna dei miei sogni (1925), Donna nel sole (1928), Gabbia degli schiavi (1937), Giro del sole (1941) e la raccolta di saggi sul rinnovamento delle arti L’avventura novecentista (1938). Allontanatosi dal Partito Fascista, si avvicina progressivamente al comunismo (collabora a «l’Unità» nel biennio 1950-51) e nel 1948 si candida con insuccesso per il Fronte popolare. Trascorre gli ultimi anni della sua vita in solitudine e malattia. Unico riconoscimento è il Premio Strega vinto nel 1953 con la raccolta di racconti L’amante fedele.
Muore a Roma nel 1960.