Corrado Alvaro nasce a San Luca (Reggio Calabria) nel 1895 da Antonio, maestro elementare e fondatore di una scuola serale per contadini e pastori analfabeti. Terminati gli studi elementari, è ammesso al collegio gesuitico di Mondragone, ma non riesce a terminare il ginnasio perché sorpreso a leggere libri proibiti. Si trasferisce perciò prima a Perugia e poi a Catanzaro.
Esordisce in letteratura precocemente con la raccolta di versi Polsi nell’arte, nella leggenda, nella storia (1911). Nel 1915 è chiamato alle armi e assegnato alla zona del Carso come ufficiale di fanteria. Quest’esperienza è alla base della seconda silloge poetica Poesie grigioverdi (1917, ristampate nel 1942 col titolo Il viaggio). Sempre nel 1917 inizia la carriera giornalistica collaborando col «Resto del Carlino», per poi passare nel 1919 al «Corriere della Sera». Il soggiorno milanese gli consente pure di laurearsi in Lettere nel 1920, prima di trasferirsi definitivamente a Roma, chiamato da Giovanni Amendola alla redazione del «Mondo». Escono intanto i racconti di La siepe e l’orto (1920) e il romanzo L’uomo nel labirinto (1926, ma già apparso a puntate su «Lo spettatore» nel 1922). La pubblicazione di un profilo del direttore del «Corriere» Luigi Albertini (1925) provoca malumori in ambienti fascisti ed è costretto ad abbandonare il giornalismo, trasferendosi a Berlino. In questi anni cura le antologie di racconti L’amata alla finestra (1929), La signora dell’isola (1930), Misteri e avventure (1930). Come inviato de «La Stampa» compie numerosi viaggi anche all’estero, dei quali dà conto nei resoconti Viaggio in Turchia (1932), Itinerario italiano (1933), I maestri del diluvio. Viaggio in Russia (1935), Terra nuova. Prima cronaca dell’Agro Pontino (1938). Collabora a «900», «Mercurio», «Critica fascista», «Omnibus», «Primato» e «Sipario». I primi riconoscimenti giungono però con Vent’anni (1930), Gente in Aspromonte (1930, Premio La Stampa) e L’uomo è forte (1938). Con la caduta di Mussolini è nominato direttore de «Il popolo di Roma», ma l’occupazione tedesca della capitale lo costringe a rifugiarsi a Chieti. Torna a Roma nel 1944 e l’anno successivo fonda con Francesco Jovine e Libero Bigiaretti il Sindacato nazionale degli scrittori, di cui è segretario sino alla morte. Nel dopoguerra escono L’italia rinunzia? (1945), L’età breve (1946), Un treno nel sud (1950), Quasi una vita (1950), Il nostro tempo e la speranza (1952) e 75 racconti (1955). Vanno ricordate anche una breve esperienza come sceneggiatore negli anni Quaranta, di cui resta traccia nei film Noi vivi (1942) e La carne e l’anima (1943), e l’attività di traduttore (Tolstoj, de Rojas, Shakespeare…).
Muore a Roma nel 1956.
Fra le opere pubblicate postume vanno ricordate Belmoro (1957), Mastrangelina (1960) e Tutto è accaduto (1961); queste ultime due avrebbero dovuto completare il ciclo intitolato Memorie del mondo sommerso e inaugurato da L’età breve. Un’edizione completa delle opere in prosa è stata curata da G. Pampaloni (Bompiani, 1990-1994).