Sin dalla nascita il Premio Strega è stato indice dei gusti letterari degli italiani. I libri premiati dal 1947 a oggi raccontano il nostro Paese documentandone la lingua, i cambiamenti, le tradizioni.

I libri proposti dagli Amici della domenica

immagine per Rossano Astremo, Nudo di padre
proposto da:
Francesco Caringella
«Lo faccio perché Nudo di padre incarna alla perfezione la lezione kafkiana secondo cui un vero romanzo è un colpo di piccozza che rompe il mare di ghiaccio che è dentro di noi. Grazie all’empito universale che le percorre, infatti, le pagine di Astremo parlano, attraverso le gesta del protagonista, di ognuno noi, in un gioco magico e fascinoso di immedesimazione. Il lettore sente così, sulla pelle graffiata da una scrittura aspra e corrosiva, la frustrazione del rapporto mancato con il padre, la ricerca di figure maschili di riferimento, il mistero della famiglia, il potere delle relazioni, la fuga geografica e sentimentale e l’abbandono alla forza salvifica della letteratura. Nudo di padre è un autentico e profondo romanzo di formazione, un Bildungsroman che segue l’evoluzione del personaggio attraverso un percorso scandito da prove, errori, improvvisi capitomboli e miracolose resurrezioni.»
immagine per Nicoletta Verna, I giorni di Vetro
proposto da:
Elena Stancanelli
«È un Noi che regge e scioglie il romanzo di Nicoletta Verna. In un intreccio di folgorante efficacia, la scrittrice consegna passioni e ferocia alla comunità, il paese, il tempo. Non è l’individuo ma il mondo a essere sradicato dalla violenza cieca e irrazionale della guerra. Con una scrittura piena di echi e di luce – c’è la magia di Tonino Guerra, il suo candore e la grazia, in questa lingua ibridata dal dialetto romagnolo – Nicoletta Verna si infila nella tradizione immaginifica di Elsa Morante. Se Redenta, la protagonista, è una Ida Ramunno che, nonostante l’incantamento e la scarogna, riesce a sbaragliare l’orrore, Bruno è una specie di Nino di incontenibile vitalità e coraggio, ma anche sorprendente nella capacità di amare. Intorno a loro si aggira attonita un’umanità piegata dalla fame e dall’angoscia, che arranca dentro quello scandalo. I giorni di Vetro è un romanzo con una voce potente che sa mettersi al servizio di una trama impossibile da dimenticare. Che non molla il lettore fino all’ultima pagina, all’ultima riga, all’ultima frase: “Sono io. Sono viva”. Perché per quanto si precipiti nel buio, da qualche parte c’è sempre una luce e da quella parte, sembra dire Nicoletta Verna, bisogna guardare.»
immagine per Mimmo Muolo, Ribellarsi alla notte
proposto da:
Giovanni Grasso
«Si tratta di un’opera briosa e originale che scava, attraverso i meccanismi del giallo, nel fondo dell’animo umano alla ricerca di risposte sul significato profondo dell’esistenza.»
immagine per Giuliano Brenna, L’odore dei cortili
proposto da:
Franco Buffoni
«Giuliano Brenna con L’odore dei cortili ci consegna il romanzo della sua piena maturità stilistica. Ambientato nel Portogallo della transizione dalla dittatura alla democrazia, la bildung del passaggio dall’adolescenza all’età adulta del giovane Mattia assume una colorazione a tratti drammatica per la presenza di alcuni personaggi legati alla morente dittatura, come il capitano Green, che prima di suicidarsi riesce a coinvolgere il ragazzo in un rapporto sado-masochistico di estrema durezza. Un rapporto che tuttavia alla fine permette a Mattia di giungere alla conoscenza di sé e anche di comprendere il valore dell’amore che il coetaneo Nuno gli offre. Lisbona, con i suoi vicoli e i giardini dall’inconfondibile aroma, rappresenta lo sfondo pulsante che segna il ritmo della narrazione: “È l’odore che alligna, aspro e verde scuro, negli angoli in ombra di certi vecchi cortili e si espande con più intensità nei pomeriggi afosi e umidi. Non si attribuisce un nome a questo sentore, lo si vive, un attimo, con un leggero imbarazzo; resta addosso senza che ci se n’accorga, lascia una vaga sensazione di disagio, come quando una manica si impolvera o qualche batuffolo di lanugine si impiglia nei capelli”. Notevole nel romanzo il passaggio da immagini devastanti – capaci di rimandare al Salò-Sade pasoliniano, con il ragazzo tenuto come un cane al guinzaglio – alla disperata ricerca dei genitori scomparsi, all’aspirazione di Mattia a una sostanziale, catartica purezza.»
immagine per Poveri a noi, di Elvio Carrieri
proposto da:
Valerio Berruti
«Un’amicizia nata alle medie, in una scuola barese, dopo che uno dei due ragazzi viene picchiato a sangue da altri compagni e l’altro rimane inerte. Immobilizzato da una paura che lo inseguirà per sempre. Un’amicizia che vent’anni dopo diventa una storia di protezione e rimorso, raccontata con un linguaggio diretto, spesso implacabile nel libro d’esordio, “Poveri a noi” di Elvio Carrieri (edito dalla nuova casa editrice Ventanas), giovanissimo scrittore di appena vent’anni, poeta e musicista. È la storia di Libero e Felice, entrambi trentenni, uno professore di Lettere all’interno del carcere di Bari, l’altro ancora alle prese con l’ultimo esame di latino. Due perdenti, almeno all’apparenza, che fanno i conti con un passato che non smette di tormentarli, tra voglia di riscatto e perdono. Un libro profondo per le sensazioni che riesce a risvegliare, per l’ironia e il sarcasmo a volte snobistico dei dialoghi ma anche per la speranza che la cultura e le idee possano sempre salvarci. Un elogio alla nostra quotidianità. Come dice Carrieri: “Non esiste letteratura che non si nutra di uno che lava i piatti e svuota la Moka”. E come sentenzia Libero: “Io sono il prfssò, il pro­fessore, e il mio ruolo è mediare. Mediare tra vuoto e pieno. Mediare tra scuola e carcere. Parlo e basta, per automatismo. Ma almeno parlo. È già qualcosa”. E che se ne parli, dunque, di questo “Poveri a noi” e del suo giovanissimo autore che segnalo con grande piacere agli Amici della Domenica
immagine per Un pezzo alla volta di Michele Gambino
proposto da:
Carlo D’Amicis
«Stimolato da libri in questo senso esemplari (la lista è lunga, e va da Se questo è un uomo a Come d’aria di Ada d’Adamo) si riaccende ciclicamente il dibattito intorno al confine tra romanzo e memoir, o più in generale tra la forma letteraria e le scritture altre. Un confine destinato ad assottigliarsi e a scomparire del tutto quando ci ritroviamo davanti a un vissuto importante, radicale, e a una voce potente in grado di raccontarlo. È questo il caso di Un pezzo alla volta di Michele Gambino, giornalista siciliano in prima linea nella lotta alla mafia negli anni più sanguinari di Cosa Nostra. Se il principale nemico da sconfiggere nella guerra contro la criminalità organizzata è l’omertà, le denunce coraggiose, puntuali, di Michele Gambino e dei suoi colleghi del mensile “I siciliani” durante i caldissimi anni Ottanta (denunce che non arretrarono nemmeno di fronte all’uccisione del direttore Giuseppe Fava) rappresentano un vero e proprio atto di eroismo. Si potrebbe a lungo discutere se davvero i paesi beati sono quelli che non hanno bisogno di eroi, ma ciò che più conta, in un contesto come quello del Premio Strega, è il corto circuito che si viene a creare nel libro di Gambino tra la coscienza civile (che spinse di fatto lui e tutta la redazione del “I siciliani” a una temerarietà incosciente) e l’antiretorica della sua lingua: un corto circuito che genera a tutti gli effetti una partitura letteraria. Contribuisce non poco a questo risultato la pietas, così profonda da permettersi di essere talvolta scanzonata, dello sguardo di Gambino: la letteratura in fondo ha un unico argomento – l’umano – e in questo cerchio l’autore di Un pezzo alla volta riesce a far rientrare perfino la disumanità del nemico, rivelando il volto squallido, meschino, tragicamente banale, della violenza mafiosa. Leggendo le pagine di Gambino, la famosa frase di Giovanni Falcone – “La mafia è un fatto umano, e come tutti i fatti umani è destinato a finire”risuona di significati più profondi e ci ricorda che il fatto culturale all’interno del quale si producono gli anticorpi all’illegalità non è un mantra per le anime belle ma una postura interiore. Il valore civile di questo libro (che, ripeto, si accompagna senza intralci alla sua letterarietà) si manifesta anche nel racconto di un mestiere, quello del giornalista, che sta vivendo una parabola inquietante, minacciato da un lato dalla polverizzazione delle informazioni veicolate dalla rete e dall’altro dai condizionamenti dei cosiddetti poteri forti. Ecco dunque che il vecchio watchdog journalist, dopo aver inseguito la verità in Libano, in Afghanistan, in Colombia e negli altri scenari di guerra che Gambino ha esplorato dopo il lungo apprendistato nella sua terra d’origine, si ritrova a mentire a un taxista romano che lo sta portando a Saxa Rubra, vergognandosi di essere finito a inseguire notizie di gossip in un rotocalco televisivo del primo pomeriggio. È una delle tante scene memorabili di questo libro, dove il dramma si fonde alla commedia, dove l’ironia diventa una declinazione del tragico, dove la bellezza sopravvive alla miseria. È ciò che accade, solitamente, nella vera letteratura.»
Calendario

28 febbraio

2025
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2025
Annuncio dei libri candidati
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I libri vincitori dell’edizione 2024

NARRATIVA ITALIANA

GIOVANI

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