24 Febbraio 2020

proposto da Giovanni Pacchiano

Il contrario di padre

Sebastiano Mondadori
Il contrario di padre
Manni

Proposto da
Giovanni Pacchiano

«C’è candore mescolato a nostalgia, c’è dolore per quel che non è stato e felicità per un unico momento di gioia passata, c’è soprattutto una notevolissima e consapevole lievità di scrittura che non cade mai in melensaggini (mi ricorda per molti versi un autore illustre come Valery Larbaud per le sue Enfantines) nel romanzo di Sebastiano Mondadori, Il contrario di padre. Storia soave e terribile, articolata in due tempi. Il primo, durante una vacanza estiva, che si perde nel passato, del complicato rapporto fra Giulio, un bambino di 10 anni, e il padre, Geremia, 38 anni, un fainéant, ameno irresponsabile, un bugiardo cronico, giocatore di poker, spallone di denaro, spudorato dongiovanni, imprevedibile e inaffidabile, eppure, nei momenti migliori divertente e allegro e affettuoso col figlio. Il secondo: il tempo di un rendiconto, quando Giulio, passati trent’anni senza aver più visto il padre, svanito nel nulla dopo quella memorabile vacanza, fatto scendere il figlio davanti alla casa dell’ex moglie con un allegro: “Ci vediamo presto, campioncino”, apprende dall’imprevista telefonata di “una voce femminile quasi implorante”, quella di Carla, la seconda moglie di Geremia, che il padre è morto, stroncato da un tumore al fegato. Sicché nel romanzo il momento della felicità, il passato, e quello del cordoglio, il presente, si distinguono e insieme si confondono nell’animo di Giulio, che, di fronte a Carla, dopo averla raggiunta per condividere con lei il lutto, si abbandona al ricordo.
Quell’agosto meraviglioso, quando Geremia imbarca il figlioletto, imbottito di raccomandazioni da una madre apprensiva, su una Giulia super amaranto (la spinge a 200 all’ora e il figlio è allibito), portandolo in vacanza a casa di amici, al Circeo e poi a Capri. E delicato è il racconto dell’apertura del piccolo Giulio alla vita: le innocenti infatuazioni per le ragazze più grandi di lui, lo sbalordimento e i timori per la sfacciata sventatezza del padre, capace di vincere una villa al poker salvo poi renderla al proprietario, o di esibire davanti al figlio una valigia piena di soldi, cento milioni in banconote di piccolo taglio, arrivati da chissà dove. Il cuore di Giulio palpita, è turbato e insieme ammirato, ma si sente vivo e non si scorderà, trent’anni dopo, di esserlo stato come non mai. Stupore e rabbia, mescolati all’affetto, e sedimentati nel tempo.
Sebastiano Mondadori è bravissimo nel tratteggiare i caratteri dei personaggi. Padre e figlio così diversi, tanto che c’è qualcuno che dice a Giulio: “Tu sei il contrario di tuo padre”. Uno tutto esteriorità, e chissà cosa si nasconde dietro la maschera, a meno che, forse, la maschera non sia di fatto il viso, l’altro tutto interiorità, titubanze, timidezze, e rettitudine d’animo. Così come mostra altrettanta intelligenza e finezza nel descrivere i caratteri minori. Clementina detta Clem, la giovane amante che il padre porta con sé e Giulio in vacanza, Clem che inonda la macchina di un odore di limone fritto, Clem che, contraddicendo al cliché delle amanti, è dolce e materna con Giulio, e amaramente consapevole che il rapporto con Geremia durerà poco più di una stagione. Elena, la madre di Giulio, professione sarta, anch’essa l’opposto dell’ex marito: rigorosa sul lavoro, ansiosa, sconsolata, consapevole di quanto sia faticoso vivere. E attorno a Giulio, nella vacanza, graziose adolescenti, figure dell’eterno femminino che per la prima volta lo avvolge e lo inquieta. Ma la parola decisiva spetta alla bella Clem, che, mandandogli per posta vecchie fotografie di quella vacanza, in una busta dove ahimé non aleggia più l’odore di limone fritto, conclude. “È tutto così lontano, e noi siamo diventati delle altre persone. Chiunque fossimo, siamo stati felici”.
Pura poesia: oggi purtroppo valore al ribasso.
“Tristeza não tem fin. Felicidade sim” dice una bellissima, vecchia, memorabile canzone di Jobim e Vinicius. Accade per questo libro.
Come non amare un romanzo così?»

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