Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia ospita, dal 3 al 21 luglio, la mostra Se la strega ha una scopa la letteratura deve avere uno scopo. La frase di Mino Maccari campeggia, in stampatello e in colore rosso, sulla storica urna di voto realizzata dall’artista e scrittore per la prima edizione del Premio Strega, nel 1947, e utilizzata per molti anni a venire, fino al 1980.
La mostra nasce per valorizzare lo splendido lavoro di restauro, opera dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, che ha riportato l’urna alle sue condizioni originarie.
L’urna prima del restauro
L’urna dopo il restauro
Insieme all’urna sono esposte 14 fotografie storiche del Premio, provenienti dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e dalla collezione privata di Giuseppe Garrera, risalenti al periodo in cui l’urna veniva utilizzata, e infine firmata ed esibita come trofeo dai vincitori del Premio, come Comisso, Arpino, Bassani, e molti altri.
Si possono ammirare nella mostra anche le illustrazioni originali, realizzate a partire dalla 70esima edizione del Premio, da Manuele Fior, Franco Matticchio, Riccardo Guasco e Alessandro Baronciani, tutte liberamente ispirate all’illustrazione originale di Maccari.
L’illustrazione di Alessandro Baronciani, che accompagna l’edizione di quest’anno, colloca l’incontro tra la Strega e Letteratura proprio all’interno di Villa Giulia, consacrandola simbolicamente alla tradizione rituale del Premio.
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Il legame tra il Premio Strega e il Museo Nazionale Etrusco, che ha ospitato le sue edizioni sin dal 1953, si è ulteriormente rinsaldato negli ultimi anni con l’iniziativa Aspettando il Premio Strega, giunta quest’anno alla terza edizione.
I libri dei 12 scrittori finalisti sono infatti inseriti nelle vetrine del Museo, in una connessione ideale con le opere esposte, tesa a esaltare un dialogo tra mito e immagine, tra cultura letteraria e patrimonio archeologico.
A completare questa sinergia, l’esposizione del prezioso vaso etrusco Hydria con Delfini, attribuita al “Pittore di Micali” e datata 510-500 a.c. Si tratta di una delle più vivide ed efficaci raffigurazioni della metamorfosi dei pirati Tirreni in delfini a opera di Dioniso, esattamente così come veniva descritta nell’Inno omerico dedicato a quest’ultima divinità – un componimento letterario risalente allo stesso periodo in cui venne realizzato il vaso (VII-VIsec.), dal quale esso attinge iconografia e forza evocativa.
Il vaso era esposto nel Toledo Museum of Art (Ohio, USA). Proveniente da uno scavo clandestino, è stato restituito all’Italia il 9 maggio del 2014. Questo eccezionale reperto occuperà un posto d’onore nelle collezioni permanenti del Museo.
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