Il mondo che ha fatto

immagine per Il mondo che ha fatto Autore: Roberto Ferrucci 
Titolo: Il mondo che ha fatto
Editore: La Nave di Teseo

Proposto da Claudio Magris

«Vivere è pericoloso; chi vive muore. Ci sono dei gesti che talora accompagnano una sensazione precisa, quella secondo cui i giochi sono fatti. Si potrebbe, certo, cincischiarsi con quei giochi già fatti, continuare ad esempio un lavoro di catalogazione, per il quale c’è sempre posto. Ma se i giochi sono fatti, cincischiare con essi serve poco, come pur vorrebbe ogni educato maniaco, convinto che le cose esistenti facciano appunto questo, esistere, esserci, per quanto dubbio sia questo ruolo. Ma il narratore sa sempre quello che deve fare. Una domanda che non potrò mai dimenticare me l’ha fatta parecchi anni fa Daniele Del Giudice. Una domanda su un libro che avevo scritto e che riguardava in senso forte la mia vita più vera. Come accade nella maggior parte dei casi si può lasciar perdere e far finta di ignorare ma un vero scrittore sa che parlare può essere talora un comandamento.

Il mondo che ha fatto di Roberto Ferrucci è un grande libro all’insegna di questo imperativo categorico e si può – si deve? – parlare di tale tema, perché è per questo che ci è stata data la parola o meglio quella parola, e non un’altra. Leggendo il libro si entra in un’officina del romanzo, in cui le varie situazioni narrative e le diverse figure scivolano come le parole del romanzo stesso, in un susseguirsi di eventi che si fondono nella narrazione. Roberto Ferrucci ha il dono del vero scrittore, la familiarità con gli oggetti e le situazioni che la vita ci pone davanti, la concretezza dei dettagli, la fedeltà alle proprie mani e la presa di distanza, i colori della vita, lo smarrimento confuso davanti a quest’ultima.

La soggettività è compenetrata dagli oggetti, cimeli cicatrici sogni di una lunga vita, parole ricordate e rimaste nell’aria delle case e delle strade; il primo manoscritto dato da leggere all’amico, la diffidenza delle descrizioni, la preoccupazione di risarcire il lettore che conosce già quei testi. Non so se e quali autori Ferrucci abbia preso a modello; mi chiedo se possano essere L’educazione sentimentale di Flaubert, libro dei libri per chiunque da giovane sogni di scrivere il romanzo della sua vita e della sua generazione e forse non sa, non osa dirselo sino in fondo, le Lettere di Calvino, l’intersecarsi di rapporti personali, solitudini e battaglie editoriali.

Il mondo che ha fatto sembra spesso rovesciare i pareri e le impressioni come in una partita a carte.

Per diversi motivi – non ultimo l’amicizia che mi lega a Daniele Del Giudice –  credo che questo bel libro di Roberto Ferrucci abbia tutti i requisiti per essere proposto al Premio Strega 2025.»


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