Paolo Mieli
Filippo La Porta
Wanda Marasco
Concita De Gregorio
Gad Lerner
Matteo Motolese
Roberto Ippolito
Ignazio R. Marino
Marco Cassini
Furio Colombo
Cesare de Seta
Riccardo Cavallero
Elisabetta Mondello
Daria Bignardi
Sandra Petrignani
Massimo Gramellini
Giorgio Montefoschi
Valeria Parrella
Ci sono cose che non si raccontano perché le parole sono scogli nel mare. Ci sono cose che non si raccontano per vergogna, rabbia, troppo dolore, e perché se non le racconti, in fondo puoi sempre credere che non siano successe. Antonella e Andrea vogliono un figlio: adesso lo vogliono proprio, lo vogliono assolutamente. Ma è come se non ci fosse niente di semplice, nel desiderio più naturale del mondo: tutto ciò che può andare storto andrà storto, anche l’inimmaginabile. Antonella Lattanzi ha trovato parole esatte per questa storia, che è sua e di tutte le donne – ambiziose, indecise, testarde, libere di scegliere. Un libro emozionante, che non si riesce a smettere di leggere, straordinariamente contemporaneo.
Natale Antonio Rossi
«Il romanzo si sviluppa, con sapienza narrativa, tra la grande storia delle giornate di guerra della battaglia di Montelungo, l’8 settembre, la prigionia di Mussolini, la fuga del re da Roma e la piccola storia sofferta dall’autore e dalla sua famiglia, originaria di Salerno. Dopo tante opere dedicate a trame psicologiche e personali, questo romanzo narra, anche con toni e registri di un’epica attuale, le vicende subite nei drammatici mesi del 1943-1944 da una famiglia coinvolta in episodi di guerra che offendono la popolazione inerme. Il romanzo si conclude narrando il conferimento della medaglia d’oro a Giuseppe Cederle soldato di un neonato esercito italiano.» (N.A.R.)
Franco Di Mare
Jonathan Bazzi
Dalia, otto anni, dopo un incidente passa molti giorni in un ospedale che non è un ospedale perché il mondo non è più il mondo; viene dimessa, torna a casa, la casa è vuota, probabilmente tutti sono morti. Dalia, nei giorni di ricovero, conosce due bambini che hanno avuto pure loro un incidente: il bambino soporoso che non può parlare e Morena, che non si muove bene, ma riesce a scrivere. Uscita dall’ospedale, di quei bambini, Dalia per molto tempo non saprà niente. Senza famiglia, senza soldi e senza casa, Dalia viene accolta dalla vecchia Fioranna, che ha fatto la maestra, sa insegnare e sa difendersi. Fioranna insegna a Dalia due cose: che il mondo così come gli esseri umani l’hanno conosciuto esiste ancora ma è nascosto sulle montagne, e come seppellire un corpo. Così Dalia, dalla valle tiranneggiata dalla famiglia Boscarato, i padroni di sempre – perché il mondo non è più lo stesso, ma chi è padrone tale rimane –, ascende alla montagna e arriva al Villaggio dei Pozzi. Sapendo come accudire e come seppellire, Dalia sa come trattare i corpi vivi e morti, anche quelli non umani. È così che diventa l’assistente del macellaio Biagio e la dama di compagnia dell’eccentrica Orsola. Se in ospedale, da bambina, i compagni di Dalia erano il bambino soporoso e la bambina con la penna, nella sua età matura sono proprio loro: Biagio, il macellaio burbero perseguitato da una gatta bianca, e Orsola, la donna delle storie, che vive da sola in un albergo dismesso dove, come ormai ovunque, si è consumato un delitto. La temperatura del mondo fluttua intorno ai cinquanta gradi, le coltivazioni stentano, il bestiame muore, in montagna c’è acqua ma non ci sono armi né medicinali, in pianura ci sono sia le armi che i medicinali, ma non ci sono né acqua né cibo. È naturale che i Boscarato, come fanno sempre i padroni, tentino di mangiarsi tutte le risorse. Ma quando la temperatura esterna è tanto alta il capitale umano è l’unica risorsa che resta, e mangiare non ha più un significato così metaforico. Se Agota Kristof, nella Trilogia della città di K., ha scritto che si è davvero capaci di uccidere quando si ammazza qualcosa che non bisogna mangiare, se Cormac McCarthy, ne La strada, ha descritto esseri umani che sono riserve alimentari di altri esseri umani, Ginevra Lamberti narra come la produzione di massa cambia il racconto dell’uomo che mangia l’uomo. In un romanzo potente, per scrittura e immaginazione, in cui la tenerezza è prima di tutto un abisso, anzi un fosso, nel quale le prostitute vendono i gesti e le parole della cura e non quelli della seduzione – ammesso che ci sia differenza –, e dove il Veneto è un Far West e Venezia ha smesso di essere un pesce perché la laguna non esiste più, Ginevra Lamberti fonda la mitologia del cambiamento climatico, del rispetto dei morti senza il culto, delle leggende che si ripetono uguali e maledicono secondo maledizioni sempre nuove perché sempre nuove sono le colpe, e dell’amore, che dopo aver fatto movere il sole e le altre stelle, per secoli, adesso le fa implodere.
Romana Petri
Nata a Recanati nel 1927 – figlia del pittore Lorenzo Gigli che, con la sua famiglia, durante il fascismo, decise di lasciarsi l’Italia alle spalle alla volta dell’Argentina – Adelaida Gigli è stata un’artista anticonformista e brillante, divertente e ironica nonostante il suo passato drammatico e doloroso. Affascinante come Jeanne Moreau, piena di spirito come Wisława Szymborska e appassionata delle sigarette come Ingeborg Bachmann, Adelaida alla fine degli anni Quaranta è a Buenos Aires e si tuffa nella vita politica e letteraria della città. Insieme al marito David Viñas e ad altri intellettuali, fonda la rivista Contorno, destinata a diventare un punto di riferimento per l’Argentina degli anni Cinquanta, una esperienza dal basso e politicamente schierata con le classi più indigenti, in contrasto con la ricca e altolocata Sur di Victoria Ocampo. In quegli anni Adelaida ha due figli, Mini e Lorenzo, militanti del gruppo rivoluzionario montoneros. Entrambi ‘desaparecidos’, lei nel 1976, lui nel 1980. Subito dopo il colpo di stato del 1976 e la straziante perdita dei figli, Adelaida è costretta a lasciare l’Argentina per recarsi a Recanati, suo paese natale, dove comincia una nuova vita artistica e personale. Sempre nella città di Leopardi, muore nel 2010, in un ricovero, nel quale trascorre gli ultimi nove anni, in solitudine. Adrián N. Bravi ripercorre con amicizia e grazia le tappe della vita di una donna d’eccezione, che ha potuto conoscere e di cui è stato confidente, e mentre lo fa ci racconta gli anni della dittatura, l’impegno politico dei più giovani, il fermento culturale, la forza della letteratura argentina. Come si può rimanere al mondo dopo la perdita dei propri figli? Come ha vissuto chi si è salvato scappando dalla persecuzione politica? In questo romanzo biografico l’umanità formidabile di una donna e di un’artista emerge e commuove, mentre la scrittura racconta la potenza della memoria, dell’affetto e della resistenza contro ogni tentativo di cancellazione e oblio.
Marcello Ciccaglioni
Vito Bruschini
Nadia Terranova
Maria Teresa Carbone
Carlo D’Amicis
Simona Cives
Luca Doninelli
Giulia Ciarapica
Lisa Ginzburg
Diego De Silva
Nicola Lagioia
Dario Buzzolan
Elena Stancanelli
Giuseppe Conte
Tiziano Scarpa
Antonella Cilento
Ferruccio Parazzoli
Francesca Pansa
Roberto Barbolini
Lorenzo Pavolini
Cesare Milanese
Giuseppe Lupo
Aurelio Picca
Marco Antonio Bazzocchi
Simonetta Bartolini
Marcello Fois
Mirella Serri
Loredana Lipperini
Gianluigi Simonetti
Emanuele Trevi
Paolo Ruffilli
Ilaria Catastini
Vittorio Lingiardi
Antonio Pascale
Francesco Caringella
Paolo Ferruzzi
Saverio Simonelli
Gianni Maritati
Marco Missiroli
Silvana Cirillo
Maria Cristina Donnarumma
Aldo Cazzullo
Sandro Veronesi
Angelo Piero Cappello
Paolo Petroni
Arnaldo Colasanti
Helena Janeczek
Maria Ida Gaeta
Lia Levi
Raffaele Nigro
Claudia Durastanti
Gabriele Ametrano
Martina Testa
Gianni Amelio
Un uomo cammina lungo le rive di un grande lago tedesco. È partito all’improvviso, dopo avere provocato una serie di “incidenti emotivi”, come lui stesso li definisce. È ripiombato nella vita di persone che non vedeva da tempo. Ha risposto a email rimaste lì per quindici anni, facendo domande fuori luogo. Ha provato a riannodare fili spezzati. Mauro Barbi, storico di professione, cerca di aggiustare i ricordi degli altri – le persone che ama e ha amato – proponendo la sua versione dei fatti. Cerca di costruire una “memoria condivisa” che lo riguarda. Ma che impresa è? Forse c’entra una Piccola era glaciale privata, un processo di raffreddamento che ha spopolato la sua esistenza. Dove sono Fiore, Arno, il vecchio Cardolini, Meri, la Ragazza belga di Madrid? Dov’è Anna? Dove sono tutti? Forse il lago a cui ha dedicato anni di studio può dargli le risposte che cerca. Vede, anzi immagina, l’immensa lastra di ghiaccio che lo copriva da sponda a sponda quattro secoli e mezzo prima. Il sole pallido su una catasta di uccelli morti. Un lunghissimo inverno che travolse l’Europa con i suoi venti polari, le grandinate furiose, le inondazioni. Una remota stagione estrema che faceva battere i denti, perdere la speranza, impazzire. Come se ne uscì? Come se ne esce? Le immagini del passato ci ingannano sempre. Barbi prova a rientrare nel presente, con tutta l’ansia e la fatica che richiedono i gesti semplici. Uno in particolare potrebbe cambiare tutto. In questo suo Romanzo senza umani, dove gli umani sono a fuoco più che mai, Paolo Di Paolo interroga i disastri climatici delle nostre singole vite. Gli anni senza estate, i desideri furiosi come acquazzoni tropicali, le secche della speranza, il gelo che intorpidisce e nasconde. E poi il disgelo, che finalmente riporta alla luce. Che cosa ricordano, gli altri, di noi?