Titolo: Cate, io
Editore: Fazi
Presentazione di Filippo La Porta, Paola Mastrocola
Caterina è un’adolescente e vive in un paesino di provincia, Urbania. La sua vita si divide tra liceo e famiglia, come quella di una diciassettenne qualsiasi. Cate però non è come gli altri: è obesa, come tutti i suoi familiari. Una vita di discriminazioni le ha insegnato che il mondo è diviso in “persone” e “non-persone”, a seconda della taglia. Caterina è una “non-persona” che fa uno sforzo sovrumano ogni volta che esce di casa. Il coraggio che sfodera per camminare in pubblico la trasforma in una supereroina: “Cater-pillar”, “Super-Cate”, “Cate-ciccia”; una tutina stretta su un corpo enorme, ingombrante e ridicolo è il segno della sua diversità. Convinta che il mondo dei “normali” sia ostile per natura agli obesi, Cate usa tutta la sua intelligenza per anticipare e neutralizzare le cattiverie che gli altri sicuramente le rivolgeranno. Due persone tentano di forzare la solitudine di Caterina: la sua professoressa d’italiano, amica e complice nell’amore per la letteratura, e Anna, compagna di classe a cui Cate ha impietosamente rifilato il nomignolo “annoievole”. Ma c’è dell’altro a terrorizzare Caterina: l’imminente 17 dicembre, giorno del suo diciottesimo compleanno, simbolico giro di boa e passaggio dalla gabbia confortevole della famiglia a un’emancipazione bramata e insieme spaventosa.
Matteo Cellini, trentacinquenne di Urbino, ha scritto con Cate, io (Fazi) un romanzo teso e potente, al quale non è estranea la radicalità di Federigo Tozzi e la tensione espressiva di Landolfi (due scrittori citati nel testo). Immaginate il nostro mondo, con il suo culto della fitness, visto da una obesa di diciassette anni. Appena esce di casa la sua identità scompare: non è più Caterina ma Cater-Pillar, Cate-Bomba, Cate-Ciccia, destinata a salvare tutte le altre perché gli toglie dalle mani la palma della più brutta, della più grassa, della più sola… Caterina si costruisce una “stupida mitologia”, da Falstaff a John Goodman, ma non rinuncia a pensare: “Per fare me hanno impiegato più pongo che per fare te. Per questo motivo io corro più piano, respiro forte. Però siamo uguali”. Il fratello Gionata, anche lui taglia XXXL, annulla il corpo davanti al Mac: “arriverà a disabitare se stesso”. Il romanzo oscilla tra leggerezza di tono e un fondo tragico (lei ingurgita l’intero contenuto del frigo e viene ricoverata). Decisivo il colloquio con la prof che, apparentemente realizzata, le rivela la propria parte di fallimento. In ciascuno di noi infatti abita una “diversità” quasi sempre innominabile, che però – suggerisce Cellini – è la base di ogni vera relazione reciproca.
Filippo La Porta
Presento al Premio Strega 2013 il romanzo del giovane Matteo Cellini perché mi piace moltissimo la sua Caterina Cater-pillar Cate bomba, una diciassettenne soffocata dentro la palla di lardo di se stessa, offesa da un destino obeso che la relega nel recinto famigliare di altrettanti obesi e che, nel mondo di fuori, la lascia invece inerme e sola. La sua impietosa lucidità, attraverso lo stile limpido e tagliente di Cellini, riesce a rappresentare il disagio più universale di tutti coloro che, grassi o magri che siano, si sentono comunque diversi, esclusi, mai accettati. Fino al colpo di scena finale, al pirandelliano denudarsi della maschera, grazie al quale, vedendo finalmente anche il dolore altrui, troviamo l’uscita dal carcere della nostra autocrudeltà.
Paola Mastrocola