Le perfezioni

immagine per Le perfezioni Autore: Vincenzo Latronico 
Titolo: Le perfezioni
Editore: Bompiani

Presentazione di Simonetta Sciandivasci

Anna e Tom sono due nomadi congiunti. Italiani emigrati a Berlino, abitano e lavorano in un appartamento fotogenico, integrati nella comunità urbana di berlinesi adottivi, fatta di adulti esordienti, operosi e progressisti. Tutti molto simili a loro. Non c’è neanche un parvenu (e che sollievo).

Si sono trasferiti perché volevano di meglio: volevano stare bene. E stanno bene. Un bene placido e stabile, che contiene e dà forma al loro amore, e che a un certo punto comincia a impensierirli. Si stanno accontentando? Perché tutto li lambisce e niente li segna? La libertà è la scomparsa della tensione? Dalla casa ai ruoli alle relazioni, tutto quello che hanno costruito li rispecchia: non hanno obbedito che a loro stessi. Eppure, anche quella loro realtà si rivela insoddisfacente, estranea, forse persino inautentica, come se, nel crearla, avessero usato le mani e i sogni di qualcun’altro. Qui risiede la ragione profonda per cui siamo migranti e nomadi: non aderiamo mai fino in fondo, mai per sempre, alla vita che facciamo, e non c’è modo di confezionarne una che prima o poi non ci si rivolti contro, che non ci risulti artefatta, e allora dobbiamo poterci spostare. Finiamo sempre con il prosciugare i territori, le case, gli affetti, le soddisfazioni.

Latronico è questo che indaga, e lo fa attraverso una storia d’amore perché indaga anche l’amore, e cosa in questo tempo lo alimenta e lo struttura.

Lo propongo perché non conosco altri romanzi che raccontino la migrazione come spinta, inquietudine, e natura dell’uomo, arcaica e futura. Non conosco altri romanzi interessati, in questo modo, al presente. Non conosco altri scrittori capaci di farmi dire che Sally Rooney si è sbagliata, sul conto della sua generazione, che poi è la stessa di Latronico, e anche la mia: la nostra ambizione non è essere persone normali. L’ambizione di Anna e Tom è potersi definire nel cambiamento, riconoscersi senza doversi identificare e avere «un cuore che batte più rapido e più lento, insieme». Lo propongo per la scrittura, così precisa da mettere in comunicazione e a nudo i protagonisti senza mai farli dialogare: non una parola tra virgolette. Lo propongo perché dà un contorno solido e luminoso alla dimensione morale della mia generazione. E perché è un romanzo senza intenzioni: a Latronico interessa lo sguardo, e basta.


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