2016: L’uomo del futuro, Mondadori
Eraldo Affinati nasce a Roma nel 1956, dove risiede e svolge attività di critico letterario, saggista, giornalista, scrittore e docente in un istituto superiore. Si laurea in Lettere con una tesi su Silvio D’Arzo. Nel 1992 pubblica il suo primo saggio, Veglia d’armi. L’uomo di Tolstoj e l’anno successivo esordisce in narrativa con il romanzo di impronta autobiografica Soldati del 1956, al quale segue Bandiera bianca (1995), ambientato all’interno di una casa di cura. Il romanzo segna l’affermazione dell’autore come uno dei più interessanti nel panorama italiano contemporaneo. Nel 1996 esce la monografia Patto giurato: la poesia di Milo de Angelis, mentre del 1997 è Campo del sangue (qui presentato), finalista dei premi Strega e Campiello. I temi della lotta col mondo, della violenza, della fuga compaiono anche nella raccolta di racconti Uomini pericolosi (1998, Premio Palmi). Con Il nemico negli occhi (2001), storia di una rivolta urbana nello scenario fantascientifico di una Roma apocalittica, ottiene il Premio Pisa, mentre l’anno successivo il Premio della Resistenza Città di Omegna con Un teologo contro Hitler. Sulle tracce di Dietrich Bohnhoeffer. Nel 2003 cura l’edizione completa delle opere di Mario Rigoni Stern, Storie dell’Altipiano, per «I Meridiani». Nel 2005, con il romanzo Secoli di gioventù vince il Premio Grinzane Cavour. Del 2006 è Compagni Segreti. Storie di viaggi, bombe e scrittori. Nel testo autobiografico La Città dei Ragazzi (2008) e il più recente Elogio del ripetente (2013) concentra le sue conoscenze sui temi dell’immigrazione e della marginalità sociale, acquisite nel corso della sua esperienza di insegnante presso la scuola-comunità Città dei Ragazzi di Roma. Tra le opere successive: L’uomo del futuro. Sulle strade di don Lorenzo Milani (2016, finalista al Premio Strega), Tutti i nomi del mondo (2018), la biografia di don Milani Il sogno di un’altra scuola (2018), i saggi Via dalla pazza scuola. Educare per vivere (2019), I meccanismi dell’odio (con M. Gatto, 2020) e il romanzo Il Vangelo degli angeli (2021).
Una raccolta delle opere di Affinati è pubblicata negli Oscar Mondadori.
foto di Musacchio&Ianniello. AUTORItratti
Intervista all’autore
Ricorda qual è stato il primo libro che ha letto?
Credo fosse Il giro del mondo in ottanta giorni in una riduzione per ragazzi. O potrebbe anche essere stato Robinson Crusoe, se non addirittura Moby Dick, sempre in versione ridotta. La prima vera opera integrale, I quarantanove racconti di Ernest Hemingway, la sottrassi a un parente perché a casa mia non c’erano libri.
Ci sono scrittori con cui sente di essere in debito?
Tutti quelli che ho letto e continuo a leggere, quindi la lista sarebbe infinita. In primis Silvio D’Arzo, su cui mi sono laureato e al quale ho dedicato la Penny Wirton, una scuola di italiano per immigrati.
Ci racconti in breve una sua giornata tipo di quando scrive.
Prima viaggio, poi scrivo. Lavoro soprattutto di pomeriggio a fasi alterne. Ci sono giornate intense, quando posso comporre anche dieci cartelle. E altre in cui mi rilasso andando a correre a piedi oppure in moto.
Cosa le piace del suo lavoro di scrittore e cosa non le piace?
La solitudine dello scrittore: un tempo mi piaceva perché rispecchiava la mia natura introversa. Oggi mi emoziono quando leggo una frase di Don Lorenzo Milani: “Dicesi maestro chi non ha nessun interesse culturale quando è solo”.
Qual è stata la molla che l’ha spinta a scrivere il suo ultimo libro?
La letteratura che si alimenta soltanto su sé stessa è come una pianta senza acqua, destinata ad atrofizzarsi. Vorrei che anche le nuove generazioni potessero conoscere il priore di Barbiana.