Titolo: Il figlio prediletto
Editore: Neri Pozza
Presentazione di Carla Ida Salviati
È una sera di giugno del 1970 in un piccolo paese della Calabria, Nunzio e Antonio hanno vent’anni e si amano, in segreto, da due mesi. Il loro amore si consuma dentro la vecchia Fiat del padre di Antonio, parcheggiata in uno spiazzo abbandonato. Ma, proprio quella notte d’estate, tre uomini incappucciati e armati trascinano Antonio fuori dall’auto, colpendolo fino a quando il giovane non giace a faccia in giù e a braccia aperte, come un Cristo in croce. Tre giorni dopo Nunzio Lo Cascio sparisce dal paese, messo su un treno che da Reggio Calabria lo conduce lontano, a Londra. Il mondo, all’improvviso, gli ha mostrato il volto più feroce, quello di un padre e due fratelli che «gli hanno spezzato le ossa a una a una» per punirlo del suo “peccato”. Nulla sembra avere più senso per il ragazzo: la fiducia negli uomini, la speranza di un futuro, la sua stessa identità. Di lui rimane soltanto la foto del campionato del ’69, appesa nella pescheria dei genitori, che lo ritrae con tutta la squadra sul campo dopo la vittoria, promessa mancata del calcio. A interrogarsi sulla vita di Nunzio è anni dopo sua nipote Annina, che sente di avere con quello zio mai conosciuto, di cui nessuno in famiglia parla volentieri, inspiegabili affinità. Anche Annina, sebbene in modo diverso, si trova a combattere con un padre violento e prevaricatore e con la stessa realtà chiusa del paese, in cui una ragazza non ha altre possibilità che essere una «femmina obbediente». E, come Nunzio, scoprirà la dolorosa necessità di riprendersi il mondo, ribellarsi ai pregiudizi e lottare per la propria libertà. Romanzo di feroce malinconia, capace di penetrare nelle pieghe più riposte dell’animo umano, e di fare emergere con forza la disperazione e la speranza, la paura e il desiderio di riscatto dei suoi personaggi, Il figlio prediletto è una splendida conferma del talento di Angela Nanetti.
«La vicenda narrata si dipana nell’arco di circa un ventennio a principiare dal 1970 e ha come poli geografici la Calabria e Londra nei turbolenti anni dei governi Callaghan e Thatcher. Nunzio Lo Cascio, ventenne omosessuale appartenente a una famiglia ‘ndranghetista, viene scoperto dal fratello maggiore in compagnia dell’amante che viene subito ucciso. Il comportamento sessuale risulta inaccettabile per il protocollo valoriale mafioso e quindi Nunzio viene espulso dal clan: messo su un treno per il Nord, senza mezzi economici né culturali, raggiunge infine Londra dove si confonderà tra i migranti, ne condividerà la precarietà e l’emarginazione. Il dolore profondo per la perdita del compagno amato lo segue nelle vicissitudini quotidiane dalle quali sembra uscire dapprima manifestando un certo talento calcistico (presto azzerato da un incidente invalidante) e poi entrando in contatto con il mondo artistico londinese. Ma il destino di Nunzio è contrassegnato dalla sventura: rientrerà al paese natale solo per essere sepolto con una cerimonia – farsa che la famiglia ha allestito per salvare l’onore. Da questo funerale principia il racconto – in soggettiva – di Annina, la nipote di otto anni, che sembra destinata a ripercorrere la via dello zio: appena maggiorenne fugge dalla famiglia e dalla logica della ‘ndrina raggiungendo infine quella stessa Londra dove tenterà un inserimento nel modo dello spettacolo. Tornerà al paese per visitare la tomba della nonna Carmela, arcaica figura di vecchia che ha assistito allo sfacelo della famiglia restando graniticamente attaccata ai valori tradizionali. La struttura del racconto, parte in terza persona e parte in soggettiva, consente di attivare sguardi diversi sulla vicenda, che è densa di drammaticità, a volte persino cupa, attraversata da un dolore palpabile che l’autrice preferisce non mitigare. Anche la surreale agnizione conclusiva – che scioglie solo parzialmente nodi misteriosi – lascia molti interrogativi aperti sulla sorte di Annina. I personaggi sono tratteggiati con maestria: se su tutti si staglia nonna Carmela, vera eroina tragica appartenente ad una società immobile, assai credibile è Nunzio, «bello come un dio greco» che si inceppa nel confronto diretto con il mondo contemporaneo. Meno drammatica è Annina che forse possiede qualche chance per farcela; molto interessante è la figura di sua madre, ignorata da tutti, disprezzata dalla suocera come «una santa Rosalia», ma che cova una ribellione tutta interiore e in totale solitudine. Più di maniera mi sembra la figura dell’aristocratico sognatore marxista che diviene il mentore di Nunzio a Londra: serve peraltro all’economia della vicenda per accennare ai movimenti utopisti che sopravvivevano nell’Inghilterra degli anni settanta.»
Carla Ida Salviati