Titolo: Bella mia
Editore: Elliot
Proposto da Antonio Debenedetti, Maria Ida Gaeta
Bella mia è la storia di una donna che si ritrova a improvvisarsi madre, nonostante quell’idea di sé fosse stata abbandonata da tempo, con un adolescente taciturno e scontroso. Accade tutto alla protagonista e io narrante di questo romanzo quando la sorella gemella, che sembrava predestinata alla fortuna, rimane vittima del terremoto de L’Aquila. Il figlio Marco viene affidato in un primo tempo al padre, che però non sa come occuparsene. Prendersi cura del ragazzo spetta dunque a lei e alla madre anziana, trasferite nelle C.A.S.E. provvisorie del dopo-sisma. Da allora il tempo trascorre in un lento e tortuoso processo di adattamento reciproco, durante il quale ognuno deve affrontare il trauma del presente, facendo i conti con il passato. Ed è proprio nella nostalgia dei ricordi, nei piccoli gesti gentili o nelle attenzioni di un uomo speciale, che può nascondersi l’occasione di una possibile rinascita.
Un romanzo freddo e insieme rovente, privo di astuzie ma non ingenuo. Bella mia di Donatella Di Pietrantonio è un’opera toccante perché non fa nulla per esserlo. Di qui la sua nobiltà. Queste 186 pagine nascono, in estrema sintesi, guardando alla complessa realtà individuale e collettiva dell’Abruzzo dopo il terremoto. Sono 32 capitoli brevi, con un loro taglio che non guarda mai a una scansione furba o consumistica. Alle loro radici c’è il lutto, quello che permane indelebile nelle coscienze dopo una terribile catastrofe collettiva. C’è allo stesso tempo, altrettanto inevitabile, un tendere tormentato, imperioso alla luce. Il percorso narrativo è quello di una difficile rimonta dalla tenebra alla realtà dei vivi che la Di Pietrantonio lascia intravedere percorrendo con genuino istinto narrativo le vie anche tortuose attraverso cui si può risalire soffrendo la china. A fare da filo conduttore della vicenda, come viene emergendo pagina dopo pagina, è sostanzialmente la ricostruzione di una identità personale, di una coscienza ferita accanto a quella di una città, L’Aquila, offesa dal terremoto che la distrusse esattamente cinque anni fa. Bella mia vale, in questo senso, anche una commemorazione però involontaria o se si preferisce spontanea, senza lacrime di circostanza. Ecco perché questo secondo romanzo della Di Pietrantonio, salutata al suo esordio nel 2011 più come una rivelazione che come una semplice promessa, vuol essere un’opera volutamente scabra, disadorna, restia ai facili virtuosismi formali. Quel che più persuade, vista la materia del racconto, è proprio il no dell’autrice alle strizzate d’occhio, il suo sobrio e perfino coraggioso tenersi lontana dall’abusata telenovela dei sentimenti. Proprio la nobiltà e l’onestà di chi rinuncia a stupire ma non a convincere fanno di Bella mia un romanzo meritevole di un consapevole consenso nell’attuale panorama letterario.
Antonio Debenedetti
Dopo essere stata (con Mia madre è un fiume) protagonista di uno degli esordi migliori degli ultimi anni, Donatella Di Pietrantonio ha scritto e pubblicato, sempre per Elliot edizioni, il nuovo romanzo Bella mia in cui affronta i temi della perdita, del dolore e della ricostruzione, stabilendo un ponte e rintracciando legami tra i vissuti interiori dei protagonisti della sua storia e gli accadimenti traumatici delle loro vite e della città in cui vivono (L’Aquila). Attraverso un attento e struggente lavoro sulla lingua, strumento essenziale per tessere questo dialogo con se stessi e tra sé e il mondo, l’autrice ci dona un testo intenso e, seppur doloroso, pieno di speranza. Credo si debba festeggiare la conferma della sua potente vocazione e della sua salda fiducia nella letteratura.
Maria Ida Gaeta