Titolo: Come fossi solo
Editore: Giunti
Presentazione di Maria Rosa Cutrufelli, Piero Gelli
Marco Magini era solo un ragazzo durante l’ultima guerra di Jugoslavia, quando sentì pronunciare il nome di Dražen Erdemovic, un ventenne costretto a combattere una guerra voluta da un’altra generazione. Da qui, da un incontro doloroso, nasce la vicenda di questo romanzo che racconta il più grave dei fatti storici seguiti in Europa alla conclusione della Seconda guerra mondiale: la strage di Srebrenica. E, naturalmente, il dramma di molte coscienze costrette a rinunciare a un cammino di giustizia. La scelta di uno dei più drammatici momenti della storia europea recente, insieme al modo emotivamente coinvolgente di raccontarlo, fanno di questo testo un testo speciale. La rievocazione del massacro e del successivo processo presso il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia è affidata a tre voci che si alternano in una partitura ben scandita. La voce del magistrato spagnolo Romeo González che rievoca lo svolgersi del processo seguito, evidenziando le motivazioni non sempre etiche e limpide che determinano una sentenza. Nell’eterno dibattersi tra ubbidire a leggi fratricide o ribellarsi appellandosi ai diritti inviolabili dell’uomo, viene fuori solo un’immagine povera e burocratica dell’esercizio della legge. Al giudice González si affiancano le voci di Dirk, casco blu olandese di stanza a Srebrenica, rappresentante del contingente Onu colpevole di non avere impedito la strage, e quella del soldato serbo-croato Dražen Erdemovic, vero protagonista della storia, volontario nell’esercito serbo, che fu l’unico a confessare di avere partecipato al massacro, l’unico processato e condannato.
Il romanzo di Marco Magini – Come fossi solo, edizioni Giunti – è un esordio davvero singolare. In primo luogo, per l’argomento prescelto: la storia di tre uomini che attraversano, in modo diverso, uno dei drammi più recenti del nostro tempo, ossia la strage di Srebrenica. Un romanzo che rivela una voglia fortissima di raccontare la nostra epoca, e di raccontarla senza fermarsi ai confini nazionali. Un romanzo dalla trama semplice e lineare, ma carica disuspense. Una storia ‘nera’ – di guerra, di follia e di straziante rimorso – raccontata con uno stile narrativo molto particolare, che alterna le voci (e i punti di vista) di un soldato serbo-croato, di un giudice e di un casco blu dell’Onu. Insomma, un romanzo di forte impatto emotivo. Ricco, soprattutto: per la tematica, per la struttura narrativa, per l’insolita ambientazione. Ed è per questa sua ricchezza che desidero presentarlo (con il consenso dell’autore) all’edizione 2014 del premio Strega.
Maria Rosa Cutrufelli
Curioso questo romanzo, affascinante e curioso davvero. lo scrittore è un giovane non ancora trentenne, i fatti che racconta non li ha vissuti se non attraverso giornali e telegiornali. Una volta questo accadeva, oggi è raro che avvenga, nonostante la rete e la disponibilità delle immagini. Magini rievoca, in questo romanzo, il massacro di Srebrenica del 1995, durante cui furono trucidati migliaia di musulmani bosniaci, pagina vergognosamente cancellata dalla memoria e dalla politica occidentale. Con abile stratagemma letterario Magini rievoca l’episodio servendosi di tre testimoni, tre voci che si alternano a ripercorrere il terribile evento: quelle di un soldato miliziano serbo-croato Drazen Erdemovic, sentimentalmente il personaggio più sofferto e tragico; un magistrato spagnolo Romeo Gonzàles che segue il processo; e infine Dirk, un soldato olandese del contingente Onu, che assiste impotente al massacro. Sono le riflessioni personali, etiche, psicologiche dei tre protagonisti a vivificare una materia così bruciante e così sgradevole alla coscienza di un’attonita Europa. È uno straordinario romanzo, di una scrittura rapida, icastica, emotivamente coinvolgente.
Piero Gelli