Titolo: Il gioco
Editore: Mondadori
Proposto da Nicola Lagioia
La cosa più affascinante del sesso non è il sesso, ma tutto ciò che gli ruota attorno: in una sola parola, la vita. È per questo che Leonardo, Eva e Giorgio, dovendo parlare di sesso, raccontano le rispettive esistenze (audaci e innocenti allo stesso tempo) a un intervistatore che vorrebbe scrivere un libro sul piacere, e che invece si ritrova in continuazione a fare i conti con il loro dolore. Del resto, nel gioco erotico, tutto è così terribilmente intrecciato: non solo il piacere e il dolore, ma anche la trasgressione e le regole, la libertà e il possesso, l’eccitazione e la noia, l’io e la maschera. Quelle che i nostri eroi indossano in questo romanzo corrispondono ai tre ruoli chiave del gioco: Leonardo (nome in codice: Mister Wolf) è il bull, maschio alfa che applica al sesso seriale la disciplina e la meticolosità degli antichi samurai, Eva (la First Lady) è la sweet, regina e schiava del desiderio maschile, Giorgio (il Presidente) è il cuckold, tradito consenziente che sguazza nella sua impotenza ma non rinuncerebbe mai a manovrare i fili. Insieme formano il triangolo più classico e scabroso dell’intera geometria erotica, quello in cui l’ossessione maschile di possedere e offrire l’oggetto del proprio desiderio s’incastra con l’aspirazione della donna ad appartenere, finalmente, solo a se stessa. Recitano dei ruoli, Mister Wolf, la First Lady e il Presidente. Ma quanto più il corpo è il loro abito di scena, tanto più la loro anima si denuda, rivelando ai nostri occhi l’umanità struggente, tenera, e talvolta esilarante, di tre protagonisti fuori dagli schemi, eppure così simili a ciascuno di noi. Con straordinaria finezza e altissima qualità letteraria, Carlo D’Amicis dà vita a un intreccio ironico e tragico, morboso e lieve, costruito su un trio di personaggi indimenticabili.
«Seguo e inseguo Carlo dai suoi primi libri, e in questo ci ho trovato tutte le qualità che me lo fanno amare come autore. Innanzitutto l’attenzione alla scrittura, la cura della lingua che hanno reso D’Amicis, libro dopo libro, in modo davvero ammirevole, uno degli scrittori più interessanti degli ultimi anni, lingua che qui mi pare trovi un raro punto d’equilibrio tra forza espressiva e sostegno alla storia raccontata. E poi l’audacia di ciò che racconta. In un periodo in cui il sesso sembra legato a tutto (legittime battaglie politiche, rivendicazioni, rivincite sociali) tranne che al desiderio, D’Amicis si inoltra proprio per quella, che è la strada più accidentata, pericolosa, affascinante. La prescrizione fa quello che deve. Il desiderio fa quello che può. Nessuno può permettersi di raccontare ciò che desideriamo veramente, tranne la letteratura.»
Nicola Lagioia