Titolo: Una minima infelicità
Editore: Neri Pozza
Presentazione di Leonardo Colombati
Ho avuto la fortuna di seguire la materializzazione di Anna e Sofia – la figlia e la madre protagoniste del libro – da idee a compiuti personaggi letterari, con la sensazione che queste figure così sapientemente ritagliate abbiano tutte le caratteristiche per diventare come i geni delle favole arabe, così ingombranti e vitali da dover per forza uscire fuori dalle loro bottiglie: è il destino dei personaggi riusciti, più grandi delle opere che li contengono, a partire – dall’alto – da gente come Falstaff per finire, appunto, alla piccolissima Anna.
Talmente piccola Anna, che deve per forza guardare tutti dal basso in alto: il che è un’ottima cosa per una macchina narrativa. Anche perché, per meritare lo sguardo della propria madre, Anna deve affinare il suo, concentrandosi proprio su sua madre come unico soggetto. È una scelta, una necessità, un atteggiamento che – senza svelare troppo le carte – ha a che fare con la letteratura: se, come io credo, il romanzo è l’arte di mettersi nei panni degli altri, quello di Carmen è un romanzo perfetto, per l’attenzione, mai giudicante, con cui la figlia posa gli occhi sull’oggetto del suo amore.
La migliore letteratura è quella che, sotto traccia, trova anche il modo di riflettere su sé stessa. Carmen, con il suo stile elegante, ne è un esempio.
Spero per il libro che trovi la sua strada. Carmen di sicuro l’ha già trovata. Mi auguro comunque che questa sua prima prova incontri il vostro interesse.