Titolo: Ternitti
Editore: Mondadori
Presentazione di Alberto Asor Rosa, Paolo Di Stefano
È il 1975. Mimì Orlando ha quindici anni quando è costretta a lasciare i suoi scogli, l’odore di salsedine, la Puglia dorata per seguire il padre nella grande fabbrica svizzera che produce lu ternitti: l’eternit, promessa di ricchezza per migliaia di emigranti, che somiglia all’impasto di una focaccia che coli caldo negli stampi per essere infornato e invece esala fumi letali, penetra nei polmoni con mille invisibili uncini e lentamente divora tutto il corpo. Per Mimì quelli al Nord sono gli anni del vetro, del freddo che ghiaccia le cose e le persone. Ma anche quelli della passione segreta che brucia nel buio dei capannoni dove gli emigranti trovano riparo: l’amore per Ippazio, diciotto anni, tra le dita già corrose dall’amianto un fiammifero acceso nella notte per rubare uno sguardo, un istante d’amore… Anni Novanta. Mimì è di nuovo in Puglia. Sola. Con una determinazione e un orgoglio che fanno di lei una donna eccezionale, coraggiosa e selvatica. Ha una figlia adolescente, Arianna, poco più giovane di lei. Ma accanto a loro non ci sono uomini, per Arianna non c’è un padre. Mimì vive con feroce innocenza, affamata della giovinezza che le è stata sottratta e insieme forte del coraggio di una vita intera. Madre anticonformista e leale, compagna indomita per le sue colleghe in fabbrica e per tutti coloro che accompagna fino alla soglia dell’ultimo respiro roso dal mesotelioma da amianto, è una donna che sa parlare con le proprie inquietudini e paure ma anche – ascoltando le voci degli antenati che sempre la accompagnano – guardare al futuro senza piegarsi mai. Ternitti in dialetto significa anche tetto, e il destino vorrà che questa parola sia il sigillo di una vita intera: proprio su un tetto, finalmente a contatto col cielo, Mimì saprà riscattare la sua gente e forse anche il suo amore. Anche quando sembra allontanarsene, la scrittura di Mario Desiati resta profondamente radicata nelle zolle dure della sua terra d’origine, sulla cui sorte sembra condurre un discorso sotterraneo e fondamentale. Parole non levigate dal tempo danno vita a pagine piene di poesia, percorse dal filo di un canto d’amore sempre venato, però, dal ritmo martellante di una dionisiaca taranta. La vicenda di un popolo tenace, la tragedia del lavoro che nutre e uccide, la meschinità di un uomo e la fierezza di una donna: tutto si compone con la semplice necessità delle umane cose in un romanzo luminoso e maturo.
Ho deciso di sostenere al prossimo Premio Strega la candidatura di Mario Desiati. Ternitti è un ottimo romanzo, pieno di forza e poesia, e nello stesso tempo ben radicato in una visione seria e attenta della realtà italiana contemporanea. Nella denuncia di una situazione d’intollerabile frode e violenza, come quella cui sono sottoposti lavoratori italiani, e in particolare i pugliesi, in una fabbrica di amianto svizzera, Desiati, invece di rimanere appiattito sul tema civile, per quanto rilevante, sviluppa un racconto di folgorazione visionaria intorno ai grandi temi della vita, dell’amore e della morte. La protagonista indiscussa, Domenica Orlando, detta Mimì, entra di diritto nel novero dei personaggi femminili più significativi della nostra recente narrativa. Ma più, in generale, costruendo i suoi umili personaggi, Desiati mostra una singolare sapienza nel mescolare la precisione delle psicologie con l’affetto e la pietà della resa stilistica. Più che degno, dunque, di essere sostenuto.
Alberto Asor Rosa
In qualità di Amico della Domenica, presento per il Premio Strega edizione 2011 il libro di Mario Desiati Ternitti, edito da Mondadori. Con Ternitti, Mario Desiati continua a tessere, con inconsueta serietà di ricerca, una sua particolarissima epica petrosa e insieme visionaria. Lo scenario è un Sud Italia, il Salento, raccontato nella sua tragedia storica e nella sua straordinaria capacità di redenzione e rappresentato dalla potente figura di una giovane donna, Mimì, prima vittima delle false promesse dell’emigrazione al Nord e poi via via tenace e generosa combattente in difesa del destino proprio e del suo popolo. La coesistenza di realtà (spesso crudele) e favola, di dura cronaca moderna e di evocazione fiabesca e arcaica, è riassunta dal dialettalismo polisemico del titolo ma soprattutto si riscontra nella mirabile coerenza espressiva dello stile di Desiati.
Paolo Di Stefano