2016: Dalle rovine, Tunué
Luciano Funetta è nato a Roma nel 1986. Fa parte del collettivo di scrittori TerraNullius. Ha pubblicato racconti su “WATT”, “Granta Italia”, “Costola”e altre riviste. È tra gli autori di Dylan Skyline – dodici racconti per Bob Dylan (Nutrimenti, 2015).
Intervista all’autore
Ricorda qual è stato il primo libro che ha letto?
Di preciso no. Ricordo però molto bene i due volumi delle riduzioni per ragazzi dell’Iliade e dell’Odissea con le illustrazioni di Libico Maraja e La casa delle vacanze di Clive Barker, che credo resti, ancora oggi, il libro che più ho riletto in vita mia.
Ci sono scrittori con cui sente di essere in debito?
Sì, innumerevoli. Se li elencassi, di sicuro ne dimenticherei qualcuno, quindi preferisco non nominarne nessuno per includerli tutti. Un’opera letteraria porta sempre con sé il germe di un debito. Non mi convince l’idea che la letteratura esista per lasciare qualcosa a chi la legge, anzi sono convinto che ogni grande esperienza letteraria ci sottragga un pezzo di quella che chiamiamo anima. Ogni volta che ho letto un libro che mi ha segnato ho sperimentato il vuoto, la sottrazione. La realtà non è posto per la letteratura, e questo rende inspiegabile il sentimento dell’arte. La sensazione è quella, credo, di tornare a casa e ritrovarla capovolta, distrutta da uno o due ladri che cercavano qualcosa. Eppure, nonostante il disordine, sembra che non manchi nulla. Cosa hanno rubato quegli individui? Cosa hanno mangiato? Se non riusciamo a scoprirlo, possiamo stare sicuri che il ladro era un poeta.
Ci racconti in breve una sua giornata tipo di quando scrive.
Mi sveglio, preparo la colazione per mia moglie Francesca, bevo due caffè, mi siedo alla scrivania intorno alle nove. A volte vado avanti per qualche ora, a volte non scrivo nulla. Alle due esco per andare a lavoro, torno per le undici. Se ho forza mi rimetto a scrivere fino all’una. Tutto questo, ovviamente, non succede quasi mai.
Cosa le piace del suo lavoro di scrittore e cosa non le piace?
Mi piace scrivere. Mi piace passare serate intere con gli amici della redazione di “TerraNullius”, che sono tra i pochi scrittori che frequento. Mi piace leggere in pubblico, ma non parlare in pubblico. Tutto il resto è per me molto imbarazzante.
Qual è stata la molla che l’ha spinta a scrivere il suo ultimo libro?
Alcune ossessioni e un racconto iniziato ma che non voleva essere finito. La porta a vetri di una cucina lurida in un appartamento di via Guidotti a Bologna, che si apriva sulle prime notti calde dell’anno. Il sogno di un uomo silenzioso e pieno di coraggio e le voci di alcuni uomini straordinari.