Titolo: L’istinto del lupo
Editore: Newton Compton
Presentazione di Aurelio Picca, Emanuele Trevi
Il confine che separa le ville dei ricchi dai bivacchi dei senza tetto è sottile come la lama di un coltello. Da una parte, donne avvolte nel profumo francese, domestici in livrea e ragazze au pair che parlano tutte le lingue del mondo. Dall’altra, le mense di carità, i giacigli improvvisati nel freddo della notte, l’amore rubato alla disperazione quotidiana. A cavallo tra questi due mondi, la favola feroce del ragazzo che divenne Lupo è un treno che corre lungo scene di ordinaria violenza e struggente stupore: aggressioni, lotte, tradimenti, omicidi e vendette che, senza tregua, impongono al protagonista di fare la sua scelta e di affrontare la dura scuola della vita. Sullo sfondo di avventure nere e romantiche, le inquietudini della generazione degli anni Settanta, il furore politico e le battaglie a colpi di chiave inglese che anticipano i bagliori del terrorismo.
Da Lapo a Lupo: passaggio breve, o complesso, per inoculare alla letteratura cartastraccia una “Girandola” di realtà. L’istinto del lupo è un romanzo romanzo. Addirittura possiede i tre imperativi manzoniani: la verità storica, la realtà – o verosimiglianza e utilità; infine la capacità di leggersi attraverso una lingua “attuale”, tagliata a misura sui corpi dei protagonisti e delle vicende. Massimo Lugli, essendo un grande cronista, sa come fare e dove va a parare la scrittura e, appunto, la realtà e l’attualità. Ma il romanzo possiede pure una dote essenziale: è libero. Libero da razzismi e antirazzismi, da ideologie in uscita e entrata. Non ti obbliga alle citazioni. Si può leggere in totale e creativa passività.
Aurelio Picca
Prima ancora di farsi conoscere come scrittore, Lugli si è affermato come uno dei più grandi cronisti di “nera” di una città come Roma che sforna regolarmente, per dirla con il grande Gadda, i più truci e insieme complicati pasticciacci che si possano concepire. Quanto al Lugli scrittore, i suoi bassifondi sono semplicemente indimenticabili. E questa virtù letteraria si deve al fatto che non è il crimine in sé, nel parossismo della sua efferatezza, a stargli unicamente a cuore, ma l’umanità che gli si muove attorno, a mo’ di coro tragico o di compagnia della Commedia dell’Arte.
Emanuele Trevi