La sesta stagione

immagine per La sesta stagione Autore: Carlo Pedini 
Titolo: La sesta stagione
Editore: Cavallo di ferro

Presentazione di Arnaldo Colasanti, Renato Minore

È il 1934. La comunità di Civita Turrita, paesino dell’entroterra toscano, si prepara a festeggiare solennemente l’inaugurazione del Santuario dell’Immacolata Concezione, voluto dal Vescovo per ringraziare la Vergine della fine della Grande Guerra. È in un clima di festa che si apre La Sesta Stagione, storia della decadenza della comunità civile e religiosa di Civita Turrita, raccontata attraverso le esistenze di tre giovani seminaristi: il timido e ingenuo Piero Menardi, vittima consacrata per espiare la colpa di uno zio ordinato sacerdote e poi divenuto ribelle, il serio e avido Ottavio Pettirossi, destinato a diventare uno dei più fervidi sostenitori dell’integralismo cattolico, e l’allegro e scapestrato Oreste Riccoboni, promesso a una brillante carriera di cantore fino a quando un incidente non lo costringe a rinunciare al suo sogno. Una parabola che si compie in uno spazio di quasi cinquant’anni, dal 1934 al 1985, toccando gli eventi salienti della storia italiana del XX secolo. E la narrazione dei fatti locali, ancorati alla vita della piccola comunità, trova una corrispondenza puntuale nelle vicende storiche e nei grandi mutamenti accaduti a livello nazionale in quegli stessi anni.

La prospettiva genealogica, la chiarezza con cui si descrive l’identità di un territorio e quella dello sviluppo storico a metà Novecento, rendono quest’opera un risultato classico quanto originale nell’ambito del nostro romanzo contemporaneo. C’è poi quella sottile insistenza rispetto alla caratura spirituale in cui accadono e vivono i fatti della vita. 
Arnaldo Colasanti

Il microcosmo raffigurato da Carlo Pedini, storiografo paziente e rigoroso che si affida alla forza trascinante del racconto, alla sua (ben coltivata) qualità nel sapere riavviare lo scorrere del tempo e le sue insidie, è scrutato con pazienza molecolare. Un proposito assai ambizioso: restituire alla parola letteraria il senso profondo della complessità della conoscenza, svilito da altre forme più rapide di comunicazione. E nel solco di una storia specifica di forme e di strutture compositive (in questo caso il Mann dei Buddenbrook) alla cui ombra è ancora possibile sostare e trarre conforto.
Renato Minore


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