Sono comuni le cose degli amici

immagine per Sono comuni le cose degli amici Autore: Matteo Nucci 
Titolo: Sono comuni le cose degli amici
Editore: Ponte alle Grazie

Proposto da Renato Minore, Walter Pedullà

Per Lorenzo, Leonardo è stato un padre affettuoso e insondabile. La sua verità gli è sempre sfuggita: o forse ha sempre preferito non scoprirla, temendo di trovare in essa anche la propria. La morte di Leonardo mette il figlio finalmente di fronte a una scelta decisiva: continuare a seguirne le tracce, conducendo una vita di impulsi e tradimenti, o tentare finalmente un’autenticità limpida, faticosa, e una coerenza negli affetti. In un’estate dei nostri anni spesa fra Roma e la Grecia, poche settimane in cui nessuno sa o vuole dirgli tutta la verità, né le donne della sua vita, Sara e Carolina, né la madre Giovanna, elusiva e ferita, né la fragile sorella Martina, né Marco, l’amico tradito e rimpianto; in un’estate feroce in cui ciascuno è solo, eppure consegnato al desiderio, al bisogno insopprimibile dell’altro, e nulla è davvero come sembra; in questa estate definitiva, Lorenzo dovrà scoprire tutto insieme: chi era davvero suo padre? È ancora possibile amarsi? Che cosa c’impedisce di essere fino in fondo chi siamo?

Nell’iconografia classica Enea porta sulle spalle Anchise. Pur affranto dal peso, da quel corpo adagiato e quasi abbandonato, il figlio accetta il padre come carico inevitabile. “La morte di un padre è il momento più grave nella vita di un uomo” ricorda Freud. Si rovesciano le parti in quella debolezza paterna destinata a diventare assenza e lutto. I padri spesso diventano figli, con le posture, le debolezze, i balbettii dei figli. Ed è quello il momento in cui, rovesciate le parti, il rapporto tra padre e figlio rivela la sua forza fondante, quel lampo di verità e di essenzialità che può illuminare un’intera esistenza. Capita a Lorenzo, protagonista del primo, felice, romanzo di Matteo Nucci. Un autentico auto da fé scandito in un trittico serrato e incalzante. Un narratore dal polso sicuro, che racconta con la giusta grana della voce. 
Renato Minore

La prosa di questa opera d’esordio, eccellente per dinamismo e perspicuità espressiva, sembra piatta come mare calmo in una giornata senza vento, ma sotto, dall’interno, infuriano le correnti: quelli di una psiche ulcerata dal senso di colpa. All’inizio c’è un padre esuberante e estroverso. Crede di avere molti amici, ma si ritrova solo ogni volta che ha bisogno di loro. Il figlio sta vivendo un’esperienza analoga nel contrasto fra la routine quotidiana e l’assillo dei moventi psicologici, che affiorano all’improvviso come punture del profondo o fitte del rimorso. Questa storia d’amore racconta una rimozione che sfiata in lacerti di memoria, che non ha il coraggio di confessare il tradimento, perpetrato ai danni di un insostituibile amico, la cui assenza da allora fa il vuoto nelle giornate passate a fare le solite cose distraendo il rovello in avventure che non danno un attimo di riposo a chi è in fuga da sé. 
Walter Pedullà


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