Tutta mio padre

immagine per Tutta mio padre Autore: Rosa Matteucci 
Titolo: Tutta mio padre
Editore: Bompiani

Proposto da Piero Gelli, Antonio Tabucchi

Una figlia smarrita, che ha perso padre, madre e cane, chiosa: “Il cordoglio provato per la scomparsa dei genitori naturali è piscio di gallina in confronto al dolore irrimediabile che si prova per la morte del cane.” È solo l’inizio di un picaresco e straziante viaggio al termine della notte, a ritroso in un tempo spento e bruciante, alla ricerca dell’impossibile riscatto di una figura paterna speculare e complementare a quella dell’io narrante, che mette in scena con coraggio assoluto il gran teatro di splendori e miserie in una decadenza familiare. È un’odissea da vertigine nell’Italia in bianco e nero del secolo scorso, con giganti, maghe, mostri marini e allegrie di naufragi, smitizzata da una prosa feroce e appassionata, colta e barocca eppur versata alle più impensate contaminazioni fino a farsi stile inconfondibile. Qui Ulisse è un uomo che ha tentato così tante vite da non viverne davvero neppure una; eppure sa che un giorno la figlia lo renderà davvero un eroe, quale nella realtà mai era stato, nelle pagine di un romanzo dove il riso più sfrenato suona dal profondo degli abissi della commozione.

Tutta mio padre si distingue per le qualità letterarie e stilistiche e le novità della struttura. L’autrice racconta una vicenda familiare, che è insieme processo e liberazione, storia di decadenza e di iniziazione alla vita, alternando in preferenza i toni della satira e della commedia al fondo drammatico se non tragico del disagio quotidiano, fino alle struggenti pagine finali, un vero e proprio atto di amore, che eleva a protagonista eroico il deuteragonista padre, come un avatar contemporaneo del personaggio cervantino.
Piero Gelli

Tutta mio padre si impone e per la storia narrata e per il sapiente uso stilistico della lingua italiana che mescola con disinvoltura un livello colto e un espressionismo verbale di un filone che riconduce a Pasolini, a Gadda e persino alla scapigliatura (Dossi). Ma anche la commistione e la collisione fra il tragico e il comico producono effetti sorprendenti e certamente non comuni nella letteratura italiana contemporanea.Letto nella prospettiva di una freudiana “elaborazione del lutto” (che potrebbe costituire la lettura più ravvicinata), o di una musica da requiem alla quale non sia estraneo il “capriccio”, il romanzo provoca indubbiamente un’intensa emozione. Se a ciò si aggiunge una lettura più simbolica e più antropologica nella quale si intravede la figura mitica dell’eroe vinto ma fondatore, Enea, che con il vecchio padre sulle spalle fugge dalla città in fiamme per seppellire le ossa paterne in terra straniera, il libro di Rosa Matteucci acquista una dimensione ancora maggiore.
Antonio Tabucchi


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